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Tempo

3 MIN

Per favore, smettiamola di pettinare i rally!

Dove sta il confine tra cura dell'immagine e censura?

Succede tutto in pochi minuti. Evans che arriva lungo e stacca un cavo, Tanak che sopraggiunge e trova il gonfiabile pubblicitario che gli sbarra la strada, con tutto quello che ne può conseguire (la cronaca dei fatti si trova seguendo questo link). Immagini che possiamo solo immaginare perché la regia (a cura del promoter) interrompe immediatamente le immagini per farci fare un giretto non richiesto tra il pubblico sulle strade della Lettonia.

Una pratica che ormai è diventata consuetudine e che trova la sua origine nell’evitare di divulgare immagini cruente di incidenti, di cui non si può conoscere il finale, almeno nell’immediatezza. Una forma di dovuto rispetto (con cui non si può che essere d’accordo) che, ad oggi, sta subendo una trasformazione e che lascia spazio a più di una perplessità.

Da anni si parla di immagine dei rally, di necessità di uscire dai propri confini e di riuscire a risultare interessanti agli occhi dei profani. Si parla di necessità di nuove case automobilistiche, di raccontare meglio le storie che stanno dietro ai rally, di produrre qualche serie tv da dare in pasto ad uno dei tanti canali on demand e chi più ne ha più ne metta.

Tutto bello, tutto interessante, non fosse che nel frattempo l’unicità dei rally si sta facendo di tutto per disperderla. Quell’anima un po’ burbera e imperfetta di sport in cui tutto può succedere da un momento all’altro. E non c’è niente da nascondere, anzi.

Chi come me mastica qualcosa di marketing e comunicazione, sa bene che dove mancano unica proposta di valore e caratteri esclusivi diventa complesso pensare di ottenere risultati ed è abbastanza paradossale che l’imprevisto oggi sia visto come qualcosa da nascondere. Correre su strada è saper dominare l’incertezza mentre si battaglia col cronometro ed è proprio questo che tiene attaccate le persone alle gare per giorni. Può piacere o non piacere ma, questo è e non c’è assolutamente niente di cui vergognarsi.

Lo capiscono ancora prima i costruttori del promoter. Hyundai e Toyota hanno immediatamente acceso un simpatico siparietto sui social sui social (lo trovate a questo link) e passerà al massimo qualche ora prima che qualche fan ci mostri le immagini di quel che è successo a Tanak. Non è successo niente di grave per fortuna, niente che non si possa risolvere con una bella incazzatura da parte di Ott e qualche bel meme che strappi un sorriso.

E allora mi chiedo: dov’è il limite tra cura dell’immagine e censura? 

E subito dopo mi chiedo: ma davvero c’è bisogno di tutto questo?

Perché, di fatto, queste cose sono sempre successe e rappresentano il pepe delle gare. Oppure ci siamo dimenticati i cancelli chiusi, tutta la fauna del mondo che attraversa la strada e tutto quegli episodi che, in qualche modo, hanno fatto fermare le persone a capire meglio quello sport che sembra una roba da marziani? Aneddoti che fissano le gare nella testa delle persone e che diventano il racconto da condividere agli amici che si son sempre mostrati un po’ attratti dai rally ma, non hanno mai trovato il modo per lasciarsi incuriosire fino infondo.

Pensiamoci, prima che sia troppo tardi. Prima che questo processo di scimmiottamento della Formula 1 sia “finalmente” completato e ci ritroveremo i nostri rally talmente belli, puliti e pettinati da non interessare più nemmeno a noi che li abbiamo sempre seguiti.

 

 

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