Il mio primo incontro con Craig Breen
Era il Sanremo 2013 e vidi per la prima volta quel giovane irlandese all'opera
Era ottobre. Per noi liguri appassionati di rally questo mese significa Rally di Sanremo e con grande fermento mi apprestavo a seguire da molto vicino l’edizione numero 55 di quello che noi consideriamo un appuntamento irrinunciabile, per svariati e giustificati motivi.
Nell’ormai lontano 2013 la gara era valida per il Campionato Europeo e pensai che proprio per questo blasone avrebbe attirato alcuni grandi nomi del panorama italiano e internazionale. Avevo 21 anni e mi ricordo fui costretto a chiedere il permesso di assentarmi da casa per due giorni, e inoltre in prestito la macchina a mio papà per recarmi nell’entroterra. Proprio quell’anno scoprii, grazie ad un amico, la bellezza del paesino di Bajardo e di quel tratto in salita che ti permette di vedere i concorrenti già a chilometri di distanza.
La giornata scorre rapidamente, tra un panino col salame, un thè conservato caldo nel thermos e gli aneddoti raccontati da qualche appassionato buontempone che proprio da quel cucuzzolo aveva visto passare coi suoi occhi gli eroi del Mondiale di almeno quattro generazioni. Ricordo che con i miei compagni di viaggio ci assentammo per un paio di ore dal penultimo tornante prima del centro abitato, per fare tappa in un bar in cerca di altri viveri e nel mentre scendeva silenziosamente la notte: stava per arrivare il fatidico momento della leggendaria Ronde!
Una prova speciale di quasi 34 chilometri, da compiere interamente al buio e senza la possibilità di tirare un poco il fiato. Ripresa la postazione sul muraglione, iniziammo a veder scorrere le automobili dell’organizzazione e contemporaneamente fare il toto nomi su chi si sarebbe aggiudicato questa prova speciale: Andreucci, Basso, Bouffier…
Al passaggio precedente rimasi entusiasta del controsterzo effettuato da quella Peugeot 207 S2000 con il numero 1 sulle portiere, pertanto decisi di scommette proprio su di essa. “Ragazzi, io dico Craig Breen. Ha una macchina ufficiale della Peugeot Rally Academy, e per dimostrare di meritarla deve assolutamente accorciare lo svantaggio accumulato oggi. Vedrete che salirà su come un pazzo!”
Gli amici, qualcuno mi diede tutto sommato ragione, altri rimasero della loro opinione.
Dopo il riordino e l’assistenza gli equipaggi erano pronti per un ultimo, enorme sforzo della prima tappa con la tensione che si tagliava col coltello. La notte calò definitivamente e in lontananza si sentivano “le sparatorie” provenienti dallo scarico di una 207. “Sta arrivando Craig” pensai.
Ma dopo un paio di minuti scoprii si trattava di Giandomenico Basso e capii di aver già perso la scommessa con gli altri. Successivamente ecco Bouffier, Scandola e Andreucci ma non l’irlandese. “Si sarà ritirato”.
Finchè vedemmo all’improvviso una macchina che transitava molto meno rapidamente rispetto alle altre e con le quattro frecce lampeggianti. Si faceva sempre più vicina e intravedemmo delle scintille dal posteriore: era proprio lui, Craig Breen! La sua Peugeot 207 era visibilmente azzoppata per via di una toccata nel paracarro che causò la rottura della sospensione. A fatica giunse al traguardo e successivamente parcheggiò l’auto appena fuori dall’abitato. Passata la scopa, sgusciammo via rapidamente perché ci aspettavano parecchi chilometri da macinare. Avevamo deciso giorni prima di andare a dormire nel bosco di Rezzo, in modo da essere già in prova il giorno seguente in uno dei posti più gettonati. Notammo parecchia gente nella piazzola ferma con delle torce in mano e i commissari che a fatica domavano la folla. C’era la 207 numero 1 che stava aspettando il carro attrezzi per essere riportata a Sanremo. Il danno era troppo serio per intraprendere il Passo Ghimbegna, luogo dello start della p.s. successiva, e Craig Breen con la navigatrice Lara Vanneste alzarono bandiera bianca.
Tantissimi appassionati non si fecero scappare la ghiotta occasione per scambiare qualche parola con l’equipaggio e scattarsi con esso una foto ricordo (erano i tempi dei primi smartphone). Tra questi, anche io.
Chiesi a Craig, con un filo di timidezza, una fotografia al volo, col timore di poterlo disturbare mentre era al telefono credo con il team. Aspettai neanche cinque secondi che chiuse la comunicazione ed eccomi sorridente abbagliato dal flash. Gli strinsi la mano in segno di ammirazione e riconoscenza e lui, con un tiepido sorriso sincero mi disse “Grazie guy”.
Non ci diedi troppo peso inizialmente, ma poi pensai “Ma questo diceva a me? Si è appena ritirato, stava parlando con il team e ha trovato il tempo di sorridere e ringraziare un ragazzotto come me che ha avuto il coraggio di disturbarlo mentre controllava i danni inflitti alla sua macchina? Quanta umiltà nel concedersi alla folla in un momento del genere, questo si che è un grande”.
Fu amore a prima vista per quel pilota. Da quel momento iniziai a seguire quel Craig Breen che cercava di affacciarsi in tutti i modi nel WRC e nel mentre stava su qualunque macchina pur di migliorarsi in attesa di quella grande chiamata.
Lo rincontrai a Porto Sole nel 2019, qualche attimo prima della prova spettacolo di un altro Sanremo. Gli chiesi una seconda foto e lui, con grande umiltà e simpatia, me la concesse sorridendomi e ringraziandomi come sei anni prima. Era in gara con una Skoda Fabia R5 e quella volta andò decisamente meglio. Proprio sull’ultimo tratto fece segnare un tempo clamoroso tra la pioggia e la nebbia tipiche del Colle d’Oggia e vinse in rimonta il rally.
Questo era Craig Breen. Un ragazzo come me, come noi, sempre sorridente e con una smisurata tenacia. Un ragazzo capace di non farsi abbattere da qualunque tipo di sventura e amato da tutti gli appassionati per la sua umiltà e bontà d’animo.
Ciao Craig… quel tuo sorriso spontaneo regalatomi non lo scorderò mai! Sarai per sempre quel pilota sorridente e più forte delle avversità.
Alessio