In Italia le assistenze ai rally sono nuovamente aperte. Ma per chi?
Da cuore pulsante delle gare a luoghi di abbandono per pochi appassionati
Era tanto che non mettevo i piedi dentro l’assistenza di una gara nazionale. Il nostro focus nel racconto di una gara è sempre stata la prova speciale, sia per puro piacere personale che per riuscire a trasmettere l’emozione della competizione ai nostri lettori. Durante il Rally di San Marino 2022, favorito anche dalla tabella dei tempi ed il giro organizzato in modo favorevole, ho pensato di tornare a farmi due passi tra i gazebo. Con me mia figlia, mio nipote ed altri membri della mia famiglia che dei rally conoscono qualcosa per sentito dire.
Per me, che seguo i rally da piĂą di vent’anni e da oltre sette mi son messo in testa di volerli raccontare agli altri, una bella sensazione. Il piacere di salutare tante facce conosciute negli anni, scambiando qualche parola con calma e senza una tastiera nelle mani, era qualcosa che avevo finito quasi per dimenticare. Vedere meccanici all’opera, i team cercare di “spiare” la scelta delle gomme per il giro pomeridiano: i rally che non si vedono quasi mai in fotografia e che rappresentano una bella fetta dell’emozione di questo.
E per chi era con me, quale poteva essere il motivo per decidere di andare a fare due passi in assistenza?
Praticamente nessuno. É ora di pranzo e ci sono giusto un paio di punti in cui pensare di mangiare o bere qualcosa. Dentro ogni team piloti e navigatori si stanno concedendo un attimo di pausa; nei loro “box” nemmeno una piccola cartolina, un poster o qualcosa che i bambini possano raccogliere a ricordo di quella giornata. C’è solo Rachele Somaschini che lo fa (brava!) e mia figlia mi si attacca ad una gamba finchĂ© non compriamo quel braccialetto rosa che le piace così tanto.
C’è un silenzio che non lascia pensare ad un punto di ritrovo di un evento sportivo e tutto scorre in quell’iter che conosce bene chi conosce i rally e che chiunque altro descriverebbe come un “noioso deserto disturbato dall’accensione delle macchine”.
Sia chiaro, non ce l’ho con chi organizza il Rally San Marino. In FAMS conosco tante persone che mettono anima e corpo in questa gara e, con quel che hanno e/o viene concesso “dai piani alti”, riescono ad offrire uno spettacolo dignitoso. E comunque gli eschi di altre assistenze in giro per l’Italia non ricordano certamente Las Vegas. Una minima eccezione la fa Alba che negli ultimi anni ha indicato un certo modo di fare le cose.
PerchĂ© oggi un appassionato o un passante curioso dovrebbe fare un giro in assistenza? Quale tipo di visibilitĂ si promette ad uno sponsor se uno dei pochi punti d’incontro tra team e persone è praticamente il Deserto? Come si può incuriosire un bambino per trasformarlo in quel tifoso bramoso di portarsi a casa almeno un cappellino, magari autografato?
Ok, lo so che son tempi duri. Anche i service park del mondiale non pullulano certo di iniziative ed esistono solo di sera. C’è grande magra di risorse ed è difficile mettere insieme il budget per accendere le macchine, figuriamoci fare marketing. Ma è anche vero che quelle poche risorse che ci sono vengono usate per portare avanti un modo arcaico di fare le cose.
Vi faccio un esempio?
Non è la prima volta che per il risultato finale della gara riceviamo almeno due comunicati stampa che, di fatto, dicono la stessa cosa ed è la stessa di cui si sta parlando sui social da diverse mezzore. In alcuni casi diventano pure tre perché anche il team ci avvisa di quel che è successo il giorno prima, magari con due dichiarazioni del pilota trascrizione di qualche intervista a caldo. Lo stesso lavoro pagato (spesso poco) tre volte sostanzialmente per dare prova che qualcosa si è fatto.
Succede perchĂ© ormai i rally dalle nostre parti sono diventati un discorso per privati e perchĂ© chi avrebbe il compito di “tenere le fila” della comunicaizone nel nostro sport, quel comunicato ed aver migliorato un po’ la comunicazione sui social dĂ l’impressione di aver fatto un buon lavoro. Senza una visione e dimenticando che non esiste motorsport dove marketing e gestione dell’immagine non la fanno da padrone. Ed aumentare la copertura televisiva a favore di cartellone è scalare la montagna partendo dalla cima.
Nel frattempo i parchi assistenza son vuoti, gli investitori si contano sulle dita di una mano e mia figlia torna a casa con quel braccialetto che “gli ha dato Rachele”.