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Tempo

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Quel che oggi significa la storia di Gareth Roberts

Il sogno spezzato di un giovane sognatore con la passione per i rally come tanti

Col suo nome e il suo ricordo ci ritroviamo a fare i conti il 16 giugno di ogni anno. Istantanee che non smettono di fare male anche a distanza di tempo, senza neanche ritornare sulle immagini di quella tremenda giornata nei pressi di Cefalù. E non è vero che il tempo cura le ferite ed affievolisce il ricordo. Anzi, tende a fortificarlo, in alcuni casi arricchendolo di quel senso che si cerca in accadimenti di questo tipo.

La storia di Gareth Roberts, vista oggi, rappresenta il racconto di tanti giovani che guardano ai rally dapprima con curiosità, poi con entusiasmo ed infine con la passione di chi sente di avere tutto per provare a crearsi una strada in quel mondo in cui tutto appare più speciale che altrove. D’altronde sono gli anni in cui le possibilità, seppur per pochi, ci sono, specie se sei un giovane figlio d’arte di talento che trova sul proprio percorso uno dei piloti più promettenti che la scuola britannica propone. Provarci non è più un’opzione, diventa l’unica cosa da fare.

Una storia in cui non c’è il tempo di accorgersi che il rapporto tra rischi e possibilità è spesso sbilanciato. C’è il bisogno di bruciarlo il tempo in realtà, perché è quel che più serve per poter raggiungere la vetta sognata ed è l’unico nemico che senti di avere ogni volta che provi ad inchiodarlo ad un cronometro.

Giorni e momenti in cui sembra tutto perfetto ed ha i connotati della grande occasione, l’istante in cui ogni sforzo trova il suo compimento ed ogni sacrificio pare venga ripagato. Compreso quel viaggio verso un terra neanche troppo lontana e dal sapore decisamente intenso per chi non è troppo abituato al profumo di Mediterraneo. L’Italia, la Targa Florio. Tanta di quella tradizione che come fai a non aver voglia di andarci con quella Peugeot 207 S2000 con cui stai prendendo sempre più confidenza?

E non esiste paura in questo racconto, se non quella di non farcela. Di certo non esiste la paura che tutto possa finire in un’istante, per un angolo beffardo che finisce contro un guard-rail che ha deciso di prendersi tutta la scena per inondarla dell’unica sensazione non pensata nel progetto: lo sgomento.

Che schifo di sensazione, lo sgomento. Quasi ti costringe ad aggrapparti al bisogno di una giustificazione che in realtà non esiste ed a quelle cazzate retoriche come “Motorsport is Dangerous”. Come se bastassero a rimettere in pari le cose per tutti, anche per chi di quella storia ancora oggi è parte. Nel ricordo e nella mancanza. E nel rammarico di avere sfiorato l’occasione di portare una macchina allo stop di quella fottuta Cefalu 1 nel nome di quella storia che era scritta per due. 

E allora se oggi, come ogni anno, la vita di Gareth Roberts torna a bussarci su una spalla, è bene che lo faccia per ricordarci che il sogno di uno solo, alla fine, potrebbe essere il sogno tutti ed un finale inatteso non è un buon motivo per smettere di provarci.

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