Toivo, il libro su Henri Toivonen: la recensione
Pagine che racchiudono la vita del pilota di rally più celebre ed amato
Un libro dedicato ad Henri Toivonen nel 2020 è un autentico atto di coraggio ed un’autentica sfida di grande responsabilità. Per la grande rilevanza che il nome ha tra gli appassionati e non, per la brevità della sua vita/carriera sportiva e perché riuscire ad apportare valore aggiunto in una storia che è stata sviscerata come nessun’altra nel mondo dei rally è un lavoro decisamente complesso. Il rischio è di unirsi agli innumerevoli tentativi di mitizzazione di un periodo oscuro dei rally, sfociando nell’operazione commerciale.
Una sorta di timore reverenziale che non mi ha impedito di aggiungere “Toivo” alla mia collezione di libri dedicati ai rally. Poco più di 150 pagine autoprodotte e presentate in copertina rigida dal giornalista Marco Cariati che si pongono come obiettivo di creare il riassunto completo della vita (perlopiù sportiva) del pilota di rally più amato e considerato della storia del nostro sport. Un lavoro supportato dai 170 scatti a colori e in bianco e nero di un interessante elenco di fotografi ed appassionati di rally, tra cui spiccano il nome del nostro amico Manrico Martella e dell’agenzia McKlein Photography, specializzata in scatti riguardanti il mondiale rally.
Un libro che alterna cronache di gara ad immagini più o meno inedite dell’amatissimo pilota finlandese, focalizzandosi soprattutto sugli eventi più importanti per la vita sportiva di Toivonen: RAC ‘85, Montecarlo ‘86, Costa Smeralda ‘86, fino a quel maledetto Tour de Corse ‘86 in cui perse la vita, insieme al copilota americano di origini italiane Sergio Cresto. Racconti di gara riproposti in più occasioni, con l’aggiunta di qualche particolare di capitolo in capitolo, che puntano a rimarcare il talento e la straordinarietà dell’Henri Toivonen pilota.
Ed è proprio da quel giorno terribile di metà primavera che l’opera parte, cercando di aggiungere quella che è la vera anima di questo lavoro: una nuova “teoria” su come siano andate veramente le cose su quella discesa dal Col d’Ominanda, a sette chilometri da Corte.
Alcune immagini di una sospensione firmata Abarth “strappata” e le parole di una fonte non dichiarata, raccontano come la causa dell’incidente possa essere stata proprio il cedimento della parte di vettura salvatasi dal rogo, proprio perché rimasta sulla strada.
L’autore descrive inoltre un’immagine del luogo dell’incidente: un segno sull’asfalto, a suo avviso “più marcato”, di cui non si sarebbe mai parlato nella ricostruzione dei fatti e che la fonte attribuisce al trascinamento della ruota staccata che avrebbe portato poi la S4 a volare nella rupe, incendiandosi nell’urto.
Una prospettiva nuova e un racconto toccante, che entrano in contraddizione con tante affermazioni di persone molto vicine al pilota e a tutto il mondo Lancia Martini Racing e vanno a riaccendere il dibattito verso la ricerca della verità “assoluta” di quel 2 maggio 1986.
Nella seconda metà del libro ci si focalizza su tutto quello che è ruotato attorno all’orbita di Henri: il padre, il fratello Harri anch’egli pilota, la storia di Sergio Cresto ed un bel capitolo che descrive la Lancia Delta S4 con dovizia di particolari tecnici. Niente di nuovo, sia chiaro, ma comunque capitoli necessari per poter definire completo il racconto di Toivonen nei suoi principi essenziali.
Non resterà certamente deluso il lettore che va alla ricerca di informazioni di carattere giornalistico, di cronaca correttamente riportata con fedeltà e nell’intento di tramandare l’eco nel futuro. Chi invece andrà in cerca di una prospettiva più inedita e riservata di Toivonen sarà costretto ad attendere che qualcun altro raccolga la stessa sfida di questo libro che merita sicuramente di essere sfogliato e tenuto all’interno di una collezione di libri che parlano di rally.
Il libro è acquistabile sia sul sito ufficiale del distributore Lulu Press nella versione in copertina rigida (quella che vedete ritratta nella foto di copertina), che su Amazon in copertina flessibile.
Ricevo e volentieri pubblico rettifica ricevuta dall’autore Marco Cariati in data 10/05/2020 ai sensi dell’ART. 8 LEGGE SULLA STAMPA 47/1948. Colgo l’occasione per scusarmi con l’autore stesso per l’erronea dimenticanza del suo nome, non voluta ed assolutamente in buona fede e lo ringraziamo per le integrazioni utili ad informare in modo completo ed esaustivo i nostri lettori.
Innanzitutto, ti è fatto obbligo citare l’autore di un’opera all’interno di una recensione. Lo preciso perché nel tuo articolo non è contenuto il mio nome come autore di TOIVO. Ma al di là dell’obbligo anche di legge, una basilare regola giornalistica vuole la risposta alla seguenti domande: Chi? Come? Quando? Dove? Perché? In questo caso, la prima domanda è stata saltata a piè pari. Magari te ne sei dimenticato, non posso pensare che sia successo per i nostri poco piacevoli trascorsi.
Procedendo in ordine, e per amore di ristabilire la verità modificata e travisata attraverso affermazioni infondate, non mi è chiara questa frase: “Il rischio è di unirsi agli innumerevoli tentativi di mitizzazione di un periodo oscuro dei rally, sfociando nell’operazione commerciale”. A quali altri innumerevoli tentativi ti riferisci? In 30 anni sono stati scritti due libri Toivonen Henri di Sergio Remondino e un libro in inglese e tedesco realizzato dagli amici della McKlein Pubblishing, che però è dedicato all’intera famiglia Toivonen. Una casa editrice per la quale lavoravo fece un fascicolo di 36 pagine nel 2011, ma era un’operazione da edicola e non un libro. Quali sono questi innumerevoli tentativi?
Poi, tu scrivi: “Racconti di gara riproposti in più occasioni, con l’aggiunta di qualche particolare di capitolo in capitolo”. Siccome so essere inediti, giusto perché li ho scritti io, chiedo riproposti in quali occasioni e dove?
Nella recensione in questione scrivi ancora: “Ed è proprio da quel giorno terribile di metà primavera che l’opera parte, cercando di aggiungere quella che è la vera anima di questo lavoro: una nuova “teoria” su come siano andate veramente le cose su quella discesa dal Col d’Ominanda, a sette chilometri da Corte”. Ti prego di chiarire che questa è una tua supposizione. Scritta come l’hai riportata sembra che io abbia scritto il libro per portare alla luce un nuovo elemento che riguarda la morte di Henri Toivonen. Nulla di più falso e tu non puoi arrogarti il diritto di pensare al posto mio. TOIVO nasce per elogiare il pilota finlandese in questione e la sua carriera sportiva. Infatti, se 8 pagine sono dedicate al nuovo elemento che si introduce nel dibattito della morte di Toivonen, altre 148 sono dedicate al pilota. E come avrai notato, per tatto ho evitato di pubblicare foto dell’incidente e della morte, pur essendone in possesso e autorizzato alla pubblicazione.
Nella tua corsa a scrivere la recensione “diversa” (diversa dalle decine di recensioni ricevute fino ad ora dai più autorevoli media internazionali), nonostante l’uso delle virgolette in forma ironica (che poi su un morto non capisco cosa ci sia da ironizzare), scrivi: “Alcune immagini di una sospensione firmata Abarth “strappata” e le parole di una fonte non dichiarata, raccontano come la causa dell’incidente possa essere stata proprio il cedimento della parte di vettura salvatasi dal rogo, proprio perché rimasta sulla strada”. La sospensione non è un lenzuolo, quindi non è “strappata”. In italiano e tecnicamente è staccata. Tranciata di netto, come hai potuto vedere e come le immagini potrebbero anche dimostrare in un’eventuale sede giudiziaria. Ritengo lesivo della mia immagine il termine “fonte non dichiarata”, oltre che del tutto falso. Avendo comprato il libro e avendolo letto, almeno così mi è parso di capire, non puoi non aver letto la storia della fonte e il fatto che, dichiaratamente, alla fonte in questione io abbia concesso il diritto all’anonimato per ragioni di sicurezza personale. Una fonte non dichiarata è una fonte volutamente omessa, volutamente dimenticata, come magari potrebbe essere l’epurazione del mio nome dal tuo articolo.
Al contrario, ti rammento, visto che sei giornalista credo pubblicista, che l’anonimato è un istituto legale che i giornalisti professionisti possono concedere. Rientra nel concetto della segretezza delle fonti, al pari degli avvocati, dei medici, dei preti… Un giornalista ha il diritto giuridico di proteggere le proprie fonti.
Consentimi di ricordarti che, ad esempio, con riferimento ad un sequestro probatorio di pc e cellulare, operato nei confronti di un giornalista professionista, il giudice deve procedere ad un cauto e rigoroso bilanciamento fra il doveroso accertamento dei fatti e delle responsabilità e la necessità di preservare il diritto del giornalista a cautelare le proprie fonti, tenendo conto che i limiti legali entro i quali l’autorità giudiziaria è abilitata a esercitare atti di interferenza legittimi sono espressi dal tenore dell’articolo 200, comma 3, del c.p.p. in base al quale il giudice può ordinare al giornalista di indicare la fonte delle sue informazioni solo se la rivelazione sia indispensabile per la prova del reato per cui si procede, prendendo a riferimento fatti specifici in ordine ai quali si sviluppa l’attività di indagine, e non semplicemente riconducibili all’astratto “nomen iuris”, e se le notizie non possono essere altrimenti accertate.
Dunque, giusto che abbia scelto di proteggere una fonte attendibile che mi ha dato fiducia svelandomi e dimostrandomi tutto quello che c’era da dimostrare. Ovviamente, le prove le ho conservate in una cassetta di sicurezza in banca che potrei tranquillamente aprire per dimostrarti in qualunque sede di essermi mosso nella maniera più corretta da un punto di vista legale e deontologico. Ti chiedo: hai elementi per dimostrare il contrario? Hai conoscenze specifiche che possano dimostrare che ho inventato qualcosa?