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Come nasce un campione del mondo di rally?

Miti e realtà in un'epoca di figli d'arte

Kalle Rovanperä e Oliver Solberg sono probabilmente due dei nomi di cui sentiremo più parlare nel 2020, ma in realtà sembra che la nostra disciplina sia dominata da “figli d’arte” ed è di questi la notizia di un certo Max McRae, figlio di Alister e nipote dell’indimenticato Colin, che sarebbe ben indirizzato verso una carriera nel motorsport.

Sembrerebbe che ci sia una sorta di fluido magico che scorre nelle vene, o nelle catene del DNA, di alcune famiglie. Eppure, se avrete la pazienza di leggere fino alla fine, forse riuscirò a convincervi che quanto molti hanno sempre creduto, non è proprio vero.

Ovviamente ci sono molti aspetti da considerare, e non ho la presunzione né le competenze per trattarli tutti, ma ce n’è qualcuno che è decisamente più pesante degli altri in questa scelta e di cui vorrei parlavi.

Il Talento: mito o realtà?

Si sente spesso parlare di “talento” come se questa fosse una specie di dote divina, e viene spesso accompagnata con affermazioni salomoniche del tipo “o ce l’hai o non ce l’hai” oppure “ce l’ha nel sangue”.

Da appassionato di crescita personale, quando sento queste affermazioni mi ribolle il sangue nelle vene, perché so che assolutamente questa definizione della parola talento come dono divino è quanto di più sbagliato esista.

Attenzione, non dico che il talento non esiste: non sono cieco o sordo o così rincoglionito, dico che il talento non viene da nessuna divinità né viene assegnato a caso dal destino, bensì è una combinazione di abilità che sviluppiamo fin dalla nascita.

Nasciamo tutti uguali e quando nasciamo abbiamo una capacità di apprendere che ha del soprannaturale e che, lentamente, si affievolisce con il passare degli anni. Questi primi anni di vita, faranno si che ognuno di noi sviluppi differenti abilità e sensibilità, che daranno vita ai nostri “talenti”.

Ecco perché, per fare un esempio semplice, i figli con genitori di due nazionalità diverse riescono a diventare contemporaneamente madrelingua in entrambi gli idiomi e senza alcuno sforzo apparente. Se la stessa persona a 40 anni proverà ad imparare una nuova lingua, suderà le classiche sette camicie e il risultato non sarà mai lo stesso.

Applicando questo principio, scientifico e comprovato, al mondo delle corse, appare chiaro il motivo per cui, la maggior parte dei figli di piloti, che sicuramente hanno imparato prima a girare un volante che a camminare, diventano buoni o ottimi piloti a loro volta.

L’interesse

Ma non è tutto qua: non basta essere nati nell’ambiente per diventare fenomeni, non tutti i figli d’arte diventano campioni. La seconda variabile è infatti l’interesse. L’interesse è un’altra cosa che ognuno di noi sviluppa autonomamente fin dalla nascita e che nel corso della vita può ovviamente anche cambiare più volte.

L’interesse è quello che ti fa fare il salto di qualità. Quello che trasforma la pratica da semplice ripetizione di un movimento a una continua ricerca della perfezione, è quello che trasforma un buon pianista in Mozart o un buon pilota in una campione. Prima si sviluppa l’interesse, prima la pratica diventerà fruttuosa. L’interesse, portato alla sua massima potenza, diventa quella voglia di vincere che fa la differenza e lo vedi negli occhi di Tanak quando afferma che lo scopo della sua vita è diventare campione del mondo, giusto per fare un esempio.

Non solo kart

Ci sono poi altri elementi di contorno, come alcuni sport che, per le loro caratteristiche, sono propedeutici a una attività piuttosto che a un’altra. Nel nostro mondo sicuramente possiamo identificare lo sci alpino come altamente propedeutico per l’automobilismo e non è un caso che diversi campioni, di oggi e di ieri, in tenera età abbiano praticato questo sport ad alto livello (un nome per tutti Miki Biasion). Allo stesso modo anche altri sport che sviluppano particolarmente la coordinazione e l’equilibrio sembrano essere in qualche modo la perfetta preparazione per un rallysta, purché praticati dalla tenera età e ad alto livello (Loeb, tanto per dire un nome non proprio a caso, era un eccellente ginnasta).

Il Sisu

Uno dei motivi per cui è importante praticare sport ad alto livello, è che nel percorso di crescita sportiva si sviluppano altre abilità che serviranno al nostro campione, tra queste non possiamo non menzionare la resilienza o, ancora meglio, il “sisu”. Ci sarebbe da scrivere un intero articolo su questa magnifica parola finlandese, ma fondamentalmente è quella determinazione che ti fa continuare ad allenarti e a provare anche quando tutti gli altri hanno mollato, anche quando i risultati sembrano non arrivare. Anche in questo caso non si tratta certo di un dono divino ma di una qualità che viene sviluppata in giovanissima età (ma che dovremmo allenare sempre tutti!).

Quindi, tirando le somme, è chiaro che chi nasce in una famiglia di piloti abbia più probabilità di acquisire quelle sensibilità propedeutiche alla guida. Inoltre, vivendo in quell’ambiente, è anche più probabile che sviluppi l’interesse per le corse. 

Ma l’interesse potrebbe anche nascere più tardi, come nel caso di Didier Auriol, che potrebbe anche essere l’eccezione alla regola ma della quale infanzia, prima ancora che guidasse le ambulanze, non so niente.

Se poi consideriamo che il nostro sport non è proprio a buon mercato e che il figlio di un professionista, come Rovanpera o Solberg, avrà sempre più possibilità di trovare macchine, sponsor e visibilità di un Mario Bianchi qualsiasi (non me ne vogliano tutti i Bianchi…), è chiaro perché la bilancia penda ancora di più favore dei cosiddetti figli d’arte.

Certo, non voglio dare l’impressione di farla facile: essere sul tetto del mondo in qualsiasi disciplina richiede la capacità di superare altri 6 miliardi di potenziali concorrenti nel mondo! piuttosto, l’importante è sapere, essere consapevoli, che un grande potenziale risiede in ogni essere umano, un potenziale che quello stesso essere umano, inconsciamente, inizia a sviluppare e indirizzare fin dal primo vagito. 

Non ci sono benedizioni ancestrali, doni divini o categorie assolute: siamo sempre noi gli artefici del nostro futuro, seguendo i nostri interessi e impegnandoci con tutte le nostre energie verso l’obiettivo che ci siamo posti!

Ognuno può interpretare questa verità come vuole, ma il solo sapere di avere tutto questo potenziale, dovrebbe spingere ognuno di noi a dare il meglio, a seguire le nostre passioni e a fare quel passo in più in ogni ambito (l’ ”extra mile”, come lo chiamano gli americani).

ATTENZIONE: AVVISO A TUTTI I PAPA’ E MAMME….

Ora che avete letto quanto sopra, non costringete i vostri pargoletti a passare 18 ore al giorno al volante del minikart se loro stessi non lo desiderano! Le passioni dei genitori non diventino mai l’incubo dei figli, non ve lo perdonerebbero mai!

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1 Commento

  • Andrea Mattiazzo
    Posted 2 Gennaio 2020 19:11 0Likes

    Convincete mamma e papà a farci passare qualche ora al volante del minikart e ve ne sarei infinitamente grato

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