Largo ai giovani. Ma perché?
Analisi del commento ricorrente a tutte le notizie sul CIR
Succede anche quest’anno. Pensavo fosse tutto collegato a Paolo Andreucci, al suo domino incontrastato nel campionato italiano rally per diversi anni, ed invece anche nel 2019 il tormentone è lì pronto ad attenderci.
Di cosa sto parlando? Del commento “largo ai giovani” sotto qualunque tipo di notizia o risultato che riguardi uno dei protagonisti del CIR. Un commento con una vena ironica su base polemica che ho sempre fatto grande fatica a comprendere e che oggi voglio provare ad analizzare.
Immagino che nelle intenzioni di chi lo scrive ci sia una sorta di voglia di cambiare le cose, un desiderio manifestato di vedere nomi diversi per avere la sensazione che qualcosa stia cambiando. Anche a me è capitato di pensarci in qualche frangente. D’altronde, succede un po’ in tutti gli ambiti in cui si sfidano sempre gli stessi attori sugli stessi contesti. Subentra la noia, la ripetitività ed è normale che l’appassionato e/o il tifoso desideri un po’ di novità per non perdere lo stimolo di continuare a seguire con la stessa verve.
L’inverno del CIR 2019 però ha raccontato qualcosa di diverso, una “rivoluzione” che in parte ci si poteva aspettare ma che comunque rappresenta quella iniezione di novità che in tanti desideravano da tempo. Nuovi team, nuovi costruttori e qualche bel cavallo di ritorno che ha rimpolpato l’elenco iscritti e creato un gran bello spettacolo nel primo atto del campionato.
La gara non ha riservato grandi colpi di scena (ad eccezione dell’uscita di Crugnola che stava conducendo) ma comunque ha offerto bei passaggi, un ritmo indiavolato, un paio di bei testa a testa la davanti. Insomma, ci si è divertiti.
Alla fine l’ha spuntata Basso su Campedelli e Rossetti e alla pubblicazione del risultato è arrivato puntuale il commento: largo ai giovani.
Ora io mi domando e dico: perché?
Per quale motivo è necessario andare a cercare qualcos’altro anche davanti a tutto quello che abbiamo visto. Cosa manca a questo CIR per avere appassionati che non cerchino qualcosa di diverso? Non sto parlando di gare diverse e di quel che manca a livello organizzativo.
Mi riferisco solamente agli attori che, oggi come oggi, sono quanto di meglio ci possa essere nel nostro panorama ed hanno offerto fin dalla prima uscita uno spettacolo di livello importante. Sono (quasi) tutti raccolti nel principale campionato nazionale, portano in gara praticamente tutti i costruttori disponibili e garantiscono quella velocità che serve a trascorrere giornate epiche a bordo strada. Il risultato dello stesso Breen, al netto di un diverso livello di esperienza, riprova il valore di uno spettacolo degno di appassionati non annoiati.
Che poi, largo ai giovani quali? Chi sono questi nomi che oggi meriterebbero che case più o meno ufficiali decidessero di investire su di loro, di sborsare propri soldi per portare a casa risultati e di conseguenza ritorni? Di nomi interessanti se ne vedono, di situazioni da tenere sotto osservazione anche ma oggi come oggi le “teste di serie” sono quelle iscritte e negarlo è non vedere la realtà.
Abbiamo la fortuna di seguire uno sport in cui l’età ha un peso specifico molto meno rilevante rispetto a quello del piede destro, al controllo orario non è mai successo che a qualcuno sia stato chiesto di presentare la carta d’identità e a parlare, alla fine dei conti, è sempre stato il cronometro.
E questo weekend il cronometro ha detto Giandomenico Basso, nato a Montebelluna il 15 settembre 1973. Non sarà mica vecchio?