Intervista esclusiva a Luca Rossetti: “Pronti per il finale di stagione. Non siamo negli ’80, il campione va costruito”
Chiacchierata a tutto tondo col campione friulano che si è concesso in una generosa intervista
Il suo nome scatena sempre molte emozioni nei cuori degli appassionati di rally in Italia e in Europa. Le sue uscite pubbliche sono sempre meno frequenti e mai scontate. Ha scritto pagine importanti del nostro sport. Per questo e per altri mille motivi siamo orgogliosi e fieri di essere riusciti ad avere finalmente ai nostri microfoni Luca Rossetti. Una bella chiacchierata a ruota libera su di lui, sulla sua stagione, i suoi ricordi e anche sullo stato dei rally italiani. Una conversazione che ci è parsa durare qualche minuto ed invece è stata molto più lunga, intensa, bella.
Ciao Luca, grazie mille per la disponibilità. Partiamo da quest’anno, dalla stagione in corso, analizzando un attimo il Casentino e capendo come arrivi a questo ultimo appuntamento che sarà decisivo. Quali sono le sensazioni?
Ci arrivo bene. È la gara di casa e una prova finisce poco sopra casa mia quindi ci sarà grande pubblico. Son tranquillo, sereno. So che abbiamo una buona macchina, un team che lavora molto bene e le gomme Pirelli che si adattano sia alla macchina che al mio stile di guida quindi non vedo particolari argomenti per cui debba crearmi pressione. Ho fatto un piccolissimo errore al Casentino, ho rivisto il cameracar e, sul momento in gara, sembrava che un pochino sull’erba ci fossi andato e invece abbiamo praticamente sfiorato il bordo strada, ma c’era un sasso che ha rotto il tallone del cerchio. Cose che capitano, era tanto che non sbagliavo e stavolta ho fatto un errore.
Per quanto riguarda il finale di stagione avremo modo di vederti anche in altre gare?
Correrò ad Udine con la Hyundai di Friulmotor, sempre gommato Pirelli (ndr. vi abbiamo dato la notizia qualche giorno fa con questo articolo) più un altro appuntamento ancora da definire. Finiamo l’IRC e poi vediamo se ci sarà qualcosa verso il fine stagione. Al momento non ho programmi.
Andando un po’ indietro nel tempo e ripercorrendo i tuoi successi con FIAT e il successivo passaggio a Skoda che da il via ad un periodo diverso rispetto alla prima parte della tua carriera, mi piacerebbe chiederti se c’è qualcosa che cambieresti di quel periodo.
Post Fiat no perché comunque ho fatto una stagione in Turchia con un contratto come pilota professionista e quando sono rientrato non ho più avuto la possibilità di correre da professionista. Nel 2013 e 2014 ho fatto molto poco. Nel 2014 abbiamo corso solo a Ypres ed ero anche secondo assoluto prima che arrivasse una foratura a farmi perdere moltissimo tempo, finendo anche in un fosso. Poi grazie a DP Autosport e al loro impegno e supporto abbiamo imbastito un programma nel trofeo Renaul con la Clio R3T con l’obiettivo di tornare a correre in maniera continuativa e poter stare in macchina, indipendentemente dalla vettura. È stata una stagione positiva e dall’anno successivo abbiamo potuto iniziare subito con la Skoda Fabia R5, con cui mi son trovato subito bene e abbiamo vinto molto.
La mia curiosità veniva proprio dal fatto che quel passaggio in Turchia è stato quello che ha definito un po’ il tuo “allontanamento” da certi circuiti.
Mah sai, l’esperienza in Italia si è chiusa nel 2011 e nel 2012 non c’erano grandi possibilità di correre in Italia. C’era Skoda con Scandola e Peugeot con Andreucci e quindi non c’era possibilità di imbastire niente di interessante. Per me i rally sono una grande passione ma anche erano un lavoro e fonte di reddito quindi ho un approccio un po’ diverso. La passione è quella di chiunque altro mentre l’approccio alla gara è quello di chi lo fa per professione. Dovevo trovare le condizioni che mi permettessero di fare il “lavoratore del volante”. Con DP Autosport negli ultimi anni, poi ho conosciuto i ragazzi di Loran che sono molto bravi e da quest’anno corro con P.A. Racing con cui mi trovo molto bene (d’altronde io e Alessandro Perico ci conosciamo dal 2002 e siamo buoni amici) quindi direi che a parte il 2013 e il 2014 per il resto sono soddisfatto di quel che ho fatto. Molto. Anche perché con la Fabia R5 abbiamo praticamente sempre vinto a livello di categoria e moltissimo a livello assoluto.
I tifosi ti invocano sempre come l’alternativa che fatica ad arrivare ad attaccare lo strapotere nazionale di Paolo Andreucci e quindi ci siamo sempre chiesti come mai non sei mai arrivato in pianta stabile a tentare di farlo.
L’obiettivo, come ti dicevo, è sempre quello di correre nelle condizioni giuste. Se devo correre a certi livelli è per giocarmela nel giusto modo altrimenti non corro. Non mi interessa andare a fare le battaglie con gli stuzzicadenti contro quelli armati di cannoni. Se invece si tratta di fare delle gare spot, magari con un navigatore amico, lo faccio sempre volentieri come lo farebbe chiunque altro al posto mio.
Parliamo di rally in generale. Rispetto a tutto quello che vediamo nel sistema rally in Italia, con organizzazioni e piloti che fanno molta fatica ad emergere, secondo te cosa c’è che funziona e cosa non funziona?
Guarda, sono tantissime le cose migliorabili. È un argomento veramente ampio. Noi adesso ci colleghiamo a quel mio rarissimo intervento su Facebook, che non ho mai tempo di usare a causa dei miei impegni lavorativi.
Nella mia esperienza ho imparato che quando c’è un problema, o porti la soluzione o fai parte del problema. Il focus deve essere la soluzione. Penso che uno degli argomenti più importanti da affrontare, come in qualsiasi altra attività, sia quello dei budget: quelli per organizzare una gara, quello per mettere in sicurezza il pubblico e gli equipaggi, quello per correre. Il motorsport costa. O il nostro resta un movimento per hobbisti e si fa quel che si può, spendendo tantissimi soldi di tasca propria, oppure si punta a creare un movimento che sia in grado di creare valore aggiunto e quindi dei risultati finanziari. Per farlo dobbiamo giocoforza avere finanziamenti che arrivino dagli sponsor. Servono sforzi da parte di tutti che siano canalizzati in qualcosa che riesca a generare un prodotto vendibile a livello di immagine e comunicazione.
Adesso mi tirerò contro qualche parere ma io penso che almeno nelle gare delle serie nazionali sia giusto che il pubblico paghi un pass giornaliero per vedere lo spettacolo. La cifra raccolta dalla vendita dei biglietti andrebbe reinvestita dall’organizzatore per il pubblico su 2 argomenti: sicurezza e spettacolo. Se il pubblico contribuisce economicamente, una prova annullata per motivi di sicurezza non può e non deve esistere. Dall’altra parte l’organizzatore deve investire a supporto del pubblico con iniziative che rendano la giornata di gara davvero un evento. Basta girare qualche gara in Europa verso nord, gli esempi ci sono. Prendi Ypres che a me è tanto cara: lì ci sono campi ovunque, che se vuoi entri gratis e vai dove vuoi e invece fanno tutti la coda al tavolino, prendono il loro biglietto e vanno a godersi lo spettacolo; lì le aree sono attrezzate per il pubblico con diversi accorgimenti. Questo mette in mano all’organizzatore le possibilità di offrire un supporto impressionante per gli appassionati. Se la tua passione non ti permette di pagare 20 euro per un pass giornaliero, sapendo che quei soldi vengono reinvestiti in sicurezza, in servizi per gli spettatori e per la continuità del tuo sport, vuol dire che non sei un appassionato.
Si possono fare delle campagne mediatiche importanti con sforzi economici minimi. Ti immagini oggi il Presidente della federazione che va da una multinazionale italiana a proporre una sponsorizzazione a tutto tondo sul rallysmo italiano perché in virtù del suo peso politico può farsi ascoltare: cosa gli porta? Una diretta da 500 spettatori? Iniziamo a fare delle piccole cose, creiamo i contatti per attirare gli investitori, facciamo un piano di 5 anni sul CIR e su delle azioni che servano a tirare fuori un pilota Italiano con l’obiettivo di portarlo ad un sedile ufficiale nel mondiale. Lo facciamo affiancare da un team di tecnici preparati, per farlo crescere dove serve e cioè nella tecnica di guida, nella testa e nella comunicazione.
Creiamo un prodotto appetibile per i team del mondiale. Dietro a certi nomi che fanno il mondiale con le Plus c’è un lavoro di costruzione del prodotto che è enorme. Non siamo più negli anni ’80, il campione va costruito. E per fare questo serve managerialità, cosa che al nostro movimento manca completamente. Ovvio, do per scontato che il talento alla guida è la priorità. Se lo dici a qualcuno dei nostri “esperti” ti diranno che sono solo ca..ate …e intanto gli altri, gli stranieri delle case automobilistiche finlandesi, norvegesi o svedesi lo fanno e noi stiamo alla porta, e ci piangiamo addosso, e rimpiangiamo la Lancia, adieu…
Ultima domanda, quasi di rito: qual’è la gara e il momento che ricordi con maggior piacere fino a questo momento
Sono due: la vittoria alla Targa Florio 2009 con la Punto, la prima vittoria con FIAT. E la vittoria ad Ypres con la Peugeot, nel 2007. Cavoli, son passati dieci anni. (ndr. ride)
Grazie mille, di cuore.
Grazie a voi.