Io no spik inglish…
Di motivazioni moderne e del vizio di nascondere la testa sotto la sabbia
La storia ormai la saprete tutti e non c’è troppo bisogno di tornarci sopra. Quello che invece viene dopo è una storia nella storia e, secondo me, merita qualche riflessione in più.
Tutto nasce da un articolo, un trafiletto, su una nota rivista dove si sollevano tutti i dubbi sulla motivazione di quella esclusione che ha sancito di fatto l’ennesima occasione persa per il rallysmo italiano. Punto di vista lecito e fattibile ma che banalizza qualcosa che nel 2017 non può essere considerato così banale per chi ha deciso (o quantomeno vorrebbe) fare dei rally un lavoro e non solo la propria passione.
Parlare inglese in modo fluente oggi non è solo un vezzo di stile ma è semplice normalità in uno sport dove ingegneri di tutto il mondo si aspettano di vedersi trasferite le sensazioni provate in speciale e i tifosi di tutto il mondo vogliono le “classiche” dichiarazioni a caldo e i post sui social che li avvicinino ancora di più ai loro beniamini.
Ed è proprio perché si parla di una cosa ormai ovvia che non c’è troppo da scandalizzarsi se la motivazione ufficiale che ha visto un’altra nostra speranza perdere una grande occasione è questa. Si tratta dell’ennesima conferma di un progetto claudicante e le cui carenze comunicative rappresentano solo la punta dell’iceberg.
Anche volendo ipotizzare una motivazione di facciata o qualunque altro gioco di potere, è necessario assumersi quantomeno la responsabilità di aver lasciato un fianco scoperto, facile da attaccare e usare per una prima selezione che poteva essere molto più difficile usando esclusivamente il piede destro come riferimento. A certi livelli è impensabile trascurare ogni dettaglio, ancora di più se ci si trova a competere con piloti (bravi) di altra nazionalità che hanno veri plotoni al seguito, fin da giovanissimi.
E allora la questione lingua è un altro tassello che si aggiunge ad un’altra miriade di dettagli trascurati che rimarcano una volta di più il rammarico per un potenziale talento a cui non si può addossare alcuna colpa per essere stato lasciato oggettivamente solo.
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