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Uomo e macchina, il rally significa prima di tutto stress

Analisi su una componente tanto delicata quanto sottovalutata

Stress. Dall’inglese, “sforzo”. Ancora prima, dal francese antico “estrece”, ossia “strettezza”, “oppressione”. E’ quanto riporta l’enciclopedia Treccani. Ed è quanto corrisponde al senso comunemente accettato di stress, ma pure a quello più tecnico quando sia riferito all’attività sportiva, compresa quella motoristica.

In tutta verità, nel contesto delle scuderie e degli ambienti tecnici del rally, di questo aspetto se ne parla per niente oppure di rado, come può capitare per un breve inciso all’interno di un discorso più ampio, e questo non certo perché non vi si abbia a che fare. Anzi. La componente dell’affaticamento, che è psichico e fisico assieme, per l’equipaggio e per il pilota in particolare, durante ogni gara, non solo è ben nota. Ma rappresenta un dato perfino scontato, al punto da diventare inutile, appunto, di discuterne.

Ciò che accade dentro la cabina di pilotaggio, insomma, va per inteso, è questione che fa parte della fisiologia d’ogni tappa, al pari dell’ossigeno che mai deve mancare al suo interno. Come, in eguale misura, è cosa data per ovvia il tasso di sofferenza e di logorìo al quale andranno incontro le parti meccaniche della vettura, insieme alla gommatura e ai corredi elettrici serventi che rendono possibile quello straordinario spettacolo che una vera automobile da rally sprigiona quando è in indiavolato moto verso la bandiera a scacchi.

Ma non solo. Dell’usura riservata alla psiche e al fisico della squadra, o di quella coinvolgente la vettura stessa, non interessa minimamente a spettatori e tifosi, quelli sul posto e quelli da casa, del tutto assorbiti all’esplosiva meraviglia delle prestazioni, queste le vere regine dell’attenzione generale.

E, d’altra parte, non deve essere un caso se la stessa calamita dei media segua quest’onda di atteggiamento nella maniera più fedele e prolifera. La voglia centrale era e rimane di godere dell’esibizione della velocità, in una delle sue varianti più autentiche ed entusiasmanti. Fin dalle origini delle competizioni, il desiderio che infuoca menti e cuori di chi assiste, è di identificarsi nei protagonisti del volante, facendosi idealmente corpo ad essi, come fondendosi con i loro più amati beniamini. Non importa cosa quel correre possa significare per chi o per cosa, realmente, stia sotto sferza in nome della vittoria. Non si vuole sapere altro. Non si cerca altro.

Così, in fin dei conti, il fattore stress diventa fatto esclusivo di chi compone l’equipaggio, nel suo lato umano, oppure, dall’altro di lato, quello meccanico, solo dei tecnici al seguito. Soltanto il pilota conosce tanto bene sé stesso, le reazioni del proprio organismo quando si trova a sfrecciare tenendosi in equilibrio “sulle uova”. Solamente chi sta alla guida di un bolide da rally – e a maggior ragione di una WRC – sa davvero cosa si prova, e in quante maniere il proprio corpo e la propria mente reagiscono alle infinite sollecitazioni provenienti dallo spingere a tavoletta lungo sentieri rigorosamente irregolari e pericolosamente insidiosi. Non cose dell’altro mondo, bensì appena l’ordinario gestito secondo regola, quella di chi ama sfidare apertamente il rischio di viaggiare a cavalcioni sopra una palla di cannone.

Respirazione veloce, sudorazione, senso di oppressione, tremito, senso di stanchezza o di debolezza: ecco quali sono, descritti dalla psicoterapeuta bresciana Elena Gadaldi, i sintomi tipici che possono accompagnare un atleta nel corso della sua prestazione. Nel loro insieme, essi possono causare una diminuzione del livello di resa complessiva dello sportivo all’atto della gara.

Tra l’altro, riporta sempre la Gadaldi e volendo aderire ad aspetti consueti dell’automobilismo rallystico, “il funzionamento dell’ansia nello sport può presentarsi in modo diverso rispetto all’ansia fuori da un contesto sportivo: un incidente durante una gara può causare la paura di competere ancora o di non arrivare al risultato sperato”.

Nel caso di chi faccia questo sport ad altezze agonistiche, lo stress può anche essere paragonato ad un fomentatore emozionale, che si avvantaggia dell’apporto di alleati insperati, come la temperatura corporea destinata a crescere, l’effetto delle vibrazioni con conseguente, maggiore impegno della muscolatura, la frequenza cardiaca che può raggiungere picchi notevoli, e, infine, c’è la cosiddetta Forza G, la cui pressione porta naturalmente ad un coinvolgimento dell’intero organismo e alla quale si deve opporre una resistenza fisica proporzionale. Ovviamente, la durata della competizione e il reale grado di difficoltà di questa hanno un peso nell’accentuare o meno ciascuno di questi dati.

Tuttavia, capacità acquisite con l’esperienza o doti innate possono fare da efficace contraltare, come testimonia un pilota di successo e di rodata esperienza del calibro di Andrea Crugnola, detentore del Titolo nazionale Rally ormai stabilmente da diversi anni:

“nel corso della gara, riesco a tenere sotto controllo le emozioni, e, dunque, lo stress”. Ma precisando: “la stanchezza, parlerei piuttosto di questa, mi raggiunge il giorno dopo la gara, ancor più due giorni appresso”.

“All’inizio del praticare” – confida Venanzio Aiezza, navigatore professionista – “lo stress si avverte, prevalendo e pervadendo, a maggior ragione se si tiene conto che il navigatore, non differentemente dal pilota, ha da conservare un livello di attenzione costantemente alto per l’intero corso della gara. Però, con l’avanzare degli anni di esperienza, diventa più semplice gestirlo”.

E’ di nuovo Crugnola, invece, a chiamare in causa più propriamente la sfera psicologica, in quel particolare atteggiamento che è l’onestà con sé stessi, probabilmente la miglior regola per prevenire o evitare gli effetti indesiderati o imprevisti dello stress.

Per lui, infatti, prima di entrare nell’abitacolo,

 “è fondamentale essere consci di quello che si può e di quello che non si può fare. Ovviamente, l’errore ci può sempre essere, ma esagerare comporta sempre portarsi ad un livello di stress maggiore”,

“Un navigatore” – gli fa eco Aiezza – “non deve mai farsi prendere dalla foia o dall’euforia che possa dare il pensare alla gara come solo ad una sorta di divertimento. Il rally è uno sport bellissimo, ma altrettanto pericoloso e dalla nostra lucidità dipende tutto”.

Dunque? “Dunque, prima di prendere posto in vettura, una buona respirazione, un re-incorniciare i pensieri, e, soprattutto, portare mente al cosiddetto Qui ed Ora. Una preparazione psichica è insomma sicuramente alla base, ma credo pure che, alla lunga, l’esperienza renda tutto più semplice”.

Perché viene da sé. Gareggiare in rally, soprattutto a certi livelli, con la componente dell’agonismo in costante esaltazione, presuppone di spingere l’intero proprio essere verso soglie di “consumo” che abbisognano di essere controbilanciate da una adeguata predisposizione di psiche e corpo. In questo senso, secondo Andrea Crugnola, rilevano “anche un’adeguata preparazione atletica ed una dieta” mirata, perché sono fattori “che possono comunque influire, anche se le gare sono più brevi di una volta”.

Sono parole che suggellano limpidamente anche l’idea del grande impegno che chiunque indirizzi le proprie energie all’esercizio di questa disciplina automobilistica, debba versare anche sopra lati in apparenza secondari, eppure rilevanti alla maniera di ingredienti fondamentali, al punto da venire prima della stessa prestazione in sé, ma non al punto da comportare un eventuale freno alla voglia di correre e di vincere.

Perché se è pur vero che, in fondo, il rally è una continua sfida a dominare una qualsiasi strada il più rapidamente possibile, lo è altrettanto che sfida, prim’ancora, lo è a dominare sé stessi. Per il principio che vuole ogni buon governo essenziale per produrre buoni frutti, l’avere sotto controllo tutte le proprie reazioni fisiche ed emotive è di vitale importanza per la conquista del traguardo, dal più ambito del podio più alto al più essenziale, quello di arrivarci comunque, integri e pronti per correre ancora.

® “Tutti i diritti riservati”.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Foto: Acisport
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