Safari Rally 1977: Munari, Sodano e la rapina in corsa
L'equipaggio italiano fu vittima di un pauroso episodio, che non gli impedì comunque di concludere la gara sul podio
Rapinati!
Parlando di rally, di Safari in particolare, e di Sandro Munari, vien facile pensare che la rapina in questione possa essere opera della sfortuna, e l’episodio l’ennesimo racconto di come allo sfortunato Sandro sia stata sottratta una possibilità di vittoria dalla cattiva sorte.
Non è così. Per rapina, stavolta, si intende proprio il furto di un qualcosa di materiale, con tanto di aggressore armato in carne ed ossa e annesso spavento. Ma andiamo con ordine.
Il Safari più bagnato
” Il Safari più bagnato che io ricordi “
Lo defiisce così Sandro, nel suo libro “Una vita di traverso“. Quell’edizione del 1977 fu infatti un calvario per i concorrenti a causa della pioggia che, incenssante, continuava a cadere, mettendo in difficoltà tutti gli equipaggi in gara.
Inutile sottolineare come fu quindi il fango a farla da padrone: fango e pozze d’acqua, che finivano per assomigliare più a veri e propri laghetti formatisi qua e là a causa del maltempo.
Sandro, dopo l’avventura dell’anno precedente con al fianco Maiga, fu affiancato nel ’77 da Piero Sodano. I due, sempre con la Stratos, si impantanarono un sacco di volte, e corsero per la maggior parte del tempo zuppi dalla testa ai piedi. In un guado la corrente era addirittura così forte da trascinare via la Stratos, e con lei i due italiani. Per riuscire a superare finalmente l’ultimo scalino e issarsi sulla sponda per proseguire, Sandro e Piero furono costretti a scendere dall’auto e posizionare alcune pietre davanti alle ruote posteriori, per consentire agli pneumatici di fare presa e poter proseguire. Persero una eternità.
L’aiuto, retribuito, dei locali
Non era ovviamente ancora finita. Alle prime luci dell’alba Sandro avvistò in lontananza uno strano luccichio sulla sede stradale, in un tratto i cui non avrebbe dovuto esserci assolutamente nulla, se non un rialzo della strada rispetto al terreno circostante. Era acqua.
Per le piogge intense si era formato un vero e proprio lago, e il rialzo della sede stradale non era bastato a mantenerla sopra al livello dell’acqua. Sodano, sceso a controllare, si immerse addirittura fino allo stomaco, il che voleva dire che scivolare accidentalmente con la Stratos fuori dalla strada durante l’attraversamento avrebbe significato sprofondare completamente nel lago.
I due chiesero quindi aiuto ai locali che si trovavano in quella zona. Locali che per qualche scellino entrarono in acqua facendo da “paletti di segnalazione” per Sandro. Il parabrezza della Stratos, una volta entrata in acqua, era infatti coperto per buona metà, e per Sandro sarebbe stato impossibile vedere dove andare senza quell’aiuto.
Immersi per metà i due riuscirono a superare l’ostacolo, con il 6 cilindri della Stratos tenuto in prima marcia sopra i 6000 giri per impedire così all’acqua, grazie alla forza dei gas di scarico, di annegare il motore. La Stratos se la cavava egregiamente anche come veicolo anfibio, bastava poi rimuovere i tappi di gomma che chiudevano i fori fatti appositamente sul pianale per svuotare l’abitacolo dall’acqua.
La rapina
L’ennesimo ostacolo era rappresentato poi dal transito, di notte, in una delle regioni a nord popolata da locali ostili che lanciavano spesso pietre contro i concorrenti. Sandro e Piero si impantanarono di nuovo rimanendo bloccati.
I locali, una volta trovato l’accordo sulla ricompensa, spinsero la Stratos aiutando Sandro ad uscire dal fango. Munari, per non rischiare di impantanarsi di nuovo, proseguì fino in cima alla salita prima di fermarsi per aspettare Sodano, che era rimasto a spingere. Non vedendolo arrivare, dopo diversi minuti, cominciò a preoccuparsi, quando finalmente Piero si catapultò in abitacolo urlando di ripartire.
Era sotto shock, non parlava, e non leggeva più le note. All’assistenza successiva riuscì finalmente a spiegare quanto era accaduto. Dopo aver sganciato ai locali l’altra metà dei soldi pattuiti, che venivano sempre tagliati a metà consegnando una parte prima e l’altra dopo il lavoro, uno di loro si era avvicinato a Piero Sodano con in mano un coltello. Gli aveva ordinato di consegnargli il suo cronometro da polso Heuer, e quando Piero aveva provato ad opporre resistenza quello gli aveva puntato il coltello allo stomaco e aveva iniziato a spingere. Dopo una ulteriore resistenza aveva infine tagliato il cinturino dell’orologio, scappando con il cronometro nell’oscurità.
Terzi al traguardo, dopo un incredibile calvario, in quello che sarebbe stato l’ultimo Safari con la Stratos, Sandro Munari raccontò agli organizzatori della rapina. Per la cronaca, il ladro fu poi scoperto, riempito di botte, e arrestato, con il cronometro che fu poi restituito qualche settimana dopo ad un incredulo Sodano.