WRC: le sette leggendarie vittorie italiane al Rally di Monte-Carlo
Il "Drago" Munari apre la speciale classifica, seguono Biasion e Liatti
Sta finalmente per terminare il conto alla rovescia che porta al mitico Rally di Monte-Carlo, gara di apertura del Campionato del Mondo e, da sempre, la più affascinante dell’intero calendario.
L’evento monegasco, come da tradizione, apre la nuova stagione e cancella, come per magia, tutti i rimasugli dell’anno passato tra statistiche, almanacchi, titoli e premiazioni. Ma ciò che rimane indelebile è certamente il fascino e il blasone che da sempre l’appassionato riconosce ad un rally unico nel suo genere, quello a cui tutti vorrebbero parteciparvi una volta almeno nella vita e perché no… vincerlo!
Dando una veloce sfogliata al ricco albo d’oro della gara leggiamo più volte i nomi di Sébastien Ogier, Tommi Makinen, Walter Röhrl, ma anche di tre nostri connazionali: Sandro Munari, Miki Biasion e Piero Liatti.
Sette vittorie tricolori conquistate in terra franco-monegasca, battendo spesso e volentieri piloti e auto transalpine, come nel migliore dei derby di qualunque sport. Abbiamo perciò pensato di riviverle insieme a voi, una ad una, per assaporare ancora una volta queste grandi imprese compiute da altrettanto grandi uomini.
1972: Sandro Munari e la sua prima volta nel Principato
Il 41° Rally di Monte Carlo prevede due massacranti tappe da percorrere in condizioni climatiche a dir poco estreme per le automobili di allora. Con il gelo invernale tipico di quelle vallate francesi e le copiose nevicate a rendere il manto stradale simile ad una saponetta, ad emergere è certamente il cosiddetto manico del pilota. E in quel 1972 di manici ne abbiamo in quantità.
I francesi propongono un giovanissimo Ragnotti, Bernard Darniche, “Cavallo Pazzo” Andruet e Jean-Luc Therier, giusto per citarne alcuni. Il Belpaese risponde con Amilcare Ballestrieri, Raffaele Pinto e Sandro Munari. Le macchine più gettonate sono le eleganti Lancia Fulvia, le prepotenti Porsche 911 S e le agili Alpine-Renault A110.
Ne esce fuori una battaglia tanto incerta quanto avvincente lungo i 437,50km di prove speciali, con la Fulvia HF del nostro Sandro Munari che coglie una vittoria stupenda coadiuvato da Mario Mannucci alle note. Seguono la Porsche 911 di Gerard Larrousse e la Datsun 240Z del Finnico Rauno Aaltonen.
L’Italia del bello e del buon gusto si aggiudica perciò uno dei tanti round nella tana del nemico.
1975: Ancora Munari e Mannucci sul gradino più alto del podio
Dopo due edizioni di amaro digiuno, la gara più chiacchierata dell’intero panorama rallistico torna a parlare italiano.
Dopo aver vinto con la piccola Fulvia HF 1.6, Sandro Munari e Mario Mannucci si presentano sulle Alpi francesi con l’ultima arma di casa Lancia: la Lancia Stratos HF.
Stavolta il format prevede quattro giornate di cronometro, con la neve e il temibile verglas a fare gli onori di casa. Alquanto suggestiva e curiosa la scelta dell’ACM di allestire la p.s.3 tra Perinaldo e Vignai e la p.s.4 tra Molini di Triora e Pigna, luoghi di culto del Sanremo e un fortissimo segnale che in quegli anni i rally non hanno davvero nessuna dimora o limitazione in termini di confini.
Dopo 472 km di speciali sono ancora Munari e Mannucci a tagliare per primi il traguardo, peraltro con il numero 14 sulle portiere come nel 1972.
Seguono dunque le Fiat 124 Abarth Rallye dei Finlandesi volanti Hannu Mikkola e Markku Alen, precedendo il compagno squadra Fulvio Bacchelli.
Primo tra i piloti francesi e a malapena quinto assoluto Jean-François Piot a bordo della Renault 17 Gordini. Un boccone pesante da digerire per i tifosi transalpini, che si vedono letteralmente schiacciati da piloti e auto che portano in modo sfarzoso il tricolore italiano.
1976: la vittoria al cardiopalma di Munari e della Lancia Stratos Alitalia
Il Montecarlo pare sia diventato terreno di caccia per team e piloti taliani e anche nel 1976 si conferma tale.
Ma nell’edizione numero 44 il Drago ha il suo bel da fare per assicurarsi la terza vittoria nel rally più avvincente del mondo. L’alfiere dello squadrone Lancia Alitalia infatti sta conducendo tranquillamente sulla Porsche di Guy Frequelin, quando un problema alla radio del team lo costringe ad affrontare la notturna Col St. Jean con semplici gomme da pioggia sotto una terribile nevicata. Sandro e Silvio Maiga limitano i danni ma ecco che incombe un secondo delicatissimo problema. Il cambio della Stratos rimane bloccato in quarta marcia e l’equipaggio italiano deve affrontare il Turini con un handicap non indifferente. Soltanto l’abilità al volante del pilota di Caverzere e la solidità della berlinetta torinese evitano il peggio, con il Drago che fa tripletta nel rally di Monte Carlo. Per la Lancia è duplice festa grazie alla piazza d’onore conquistata da Bjorn Waldegard.
Terzo, e con le pive nel sacco, l’idolo locale Bernard Darniche sulla sua Stratos privata.
1977: Munari e la Stratos entrano nella leggenda
Una vittoria arrivata dopo 540 km estenuanti di prove speciali, con il proprio nome inciso di diritto nella storia di questo rally. Sandro Munari e la Stratos sbaragliano anche nel 1977 la folta concorrenza per appena due secondi e diventano uno dei binomi più acclamati e ammirati. Con un Silvio Maiga impeccabile alle note, il Drago fa volare quella iconica Stratos con livrea Alitalia e mossa dall’inconfondibile motore Ferrari e batte la Fiat 131 Abarth di Jean-Claude Andruet. Terza la Seat 124D dello spagnolo Antonio Zanini.
Questo è l’ultimo sigillo di Sandro Munari nel Principato, ma non per la Lancia. La casa torinese ha appena gettato le basi per imporre il proprio dominio nella terra degli acerrimi cugini e si prepara a bere tanti altri dolci bicchieri di champagne.
1987: brilla la stella di Miki Biasion
La stagione 1987 rappresenta un anno zero per i rally, che vedono abolite definitivamente le spettacolari ma pericolose Gruppo B in favore delle Gruppo A.
A seguito del repentino cambio di regolamenti indotto dalla Federazione, molti Team si ritrovano ad assemblare le proprie auto in fretta e furia, talvolta con progetti che stentano a decollare a causa dello scarsissimo tempo a disposizione per lo sviluppo e la messa a punto. Non è certamente questo il caso della Lancia che si presenta ai nastri di partenza del campionato iridato con la Delta HF 4WD, pensata per contrastare e annientare le Audi 200 Quattro, le Ford Sierra XR e le Mazda 323.
Lo squadrone torinese vuole partire con il piglio giusto e schiera nel salotto monegasco addirittura tre piloti. La scelta ricade su Juha Kankkunen, Bruno Saby e Miki Biasion e, come se non bastasse già così, il Jolly Club affida la sua vettura Gruppo N ad un giovane Alessandro Fiorio, con l’intento di assaltare il Produzione.
E, ancora una volta, ne esce un autentico capolavoro. Le Delta 4WD si dimostrano troppo superiori e gareggiano praticamente contro sé stesse, con Miki Biasion che supera proprio sull’ultima speciale il finnico Kankkunen e vince il suo primo rally di Monte-Carlo. E chissà cosa sarebbe successo se Bruno Saby non si fosse ritirato a metà gara, mentre si trovava al comando, a causa di un problema alla trasmissione.
Per dovere di cronaca il gradino più basso del podio va all’inossidabile Walter Rohrl con l’Audi, staccata di oltre quattro minuti dalla vetta. Una partenza fenomenale per la nuova arma del team Lancia Martini, che da ormai troppi anni alza i pugni al cielo nella gara che vale una stagione intera.
1989: la Lancia fa tripletta, Biasion… doppietta
La stagione 1989 vede al via numerosi pretendenti al titolo, con il testa a testa tra Lancia e Toyota a scaldare gli animi degli addetti ai lavori.
Come vuole la tradizione, il Campionato del Mondo parte dal Principato e mette di fronte ai numerosi equipaggi 623 km di ghiaccio, neve, verglas e tanti, tantissimi inconvenienti dettati dalle condizioni stradali instabili. La Toyota propone la Celica GT-4 ST165, Lancia risponde con l’ennesima evoluzione della Delta. Sainz, Kankkunen e Waldegard contro Saby, Auriol e Biasion. Un’altra lotta di altri tempi, con distacchi ridotti all’osso e un’ansiosa incertezza per il risultato finale.
Alla fine a spuntarla è ancora Miki Biasion, che regola per una manciata di secondi Didier Auriol e Bruno Saby, per un podio tutto colorato Martini. Uno strapotere quello del Costruttore italiano che lascia a malapena le briciole ad una concorrenza che avrebbe voluto iniziare col botto ma che non può fare altro che inchinarsi alla Regina. Una regina che ha lasciato al popolo dei rally un’eredità pesante e impossibile da sopravanzare. Perché è grazie a vittorie come questa se la Lancia Delta ancora oggi resta per tanti appassionati un sogno proibito, un motivo di vanto e l’unica macchina che dopo oltre trent’anni sa ancora attirare su di sé l’attenzione per la sua rara bellezza.
1997: il capolavoro firmato Piero Liatti e Fabrizia Pons
La stagione 1997 porta nel mondo dei rally una nuova ventata di freschezza innovativa: le World Rally Car.
La FIA infatti stila un nuovo regolamento introducendo le Wrc al posto delle gloriose Gruppo A, attirando le attenzioni di parecchie case costruttrici. Tra queste vi è anche Subaru, che presenta una versione “palestrata” della sua fantastica Impreza. I piloti prescelti dal vulcanico David Richards sono Colin McRae e Piero Liatti. Lo scozzese è per forza di cose dato come favorito principale, ma un’uscita di strada all’inizio del secondo giorno di prove lo mette definitivamente fuori dai giochi anzitempo. Una vera mazzata per la Prodrive, che aveva riposto in Colin e Nicky ogni speranza per centrare l’obiettivo più appetitoso.
Ma la disperazione si tramuta ben presto in una nuova e improvvisa opportunità da sfruttare, perché a salire in cattedra, con grande maestria, è la seconda guida del team. Piero Liatti, coadiuvato dalla grande Fabrizia Pons, è in forma smagliante e trova un feeling eccezionale con la macchina. La loro Subaru è imprendibile, sembra quasi danzare lungo le tortuose prove speciali dalle mille incognite e centra una vittoria schiacciante. Staccati di quasi un minuto Carlos Sainz e Luis Moya con la Ford Escort Wrc, terzi i futuri campioni del mondo Tommi Makinen e Seppo Harjanne con la Mitsubishi Lancer Evo IV in versione Gruppo A.
Un trionfo firmato Made in Italy che ci rende tutt’oggi orgogliosi, specialmente perché si tratta dell’ultimo sigillo di un pilota tricolore nel World Rally Championship.
Una lunga storia che parte da molto lontano ma che è sempre emozionante ricordare. Una storia che può e deve fare venire gli occhi lucidi, perché il Monte-Carlo rimane la gara più speciale e magica di questo sport, mentre l’Italia e gli italiani una pietra miliare della storia dei rally.