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Tempo

3 MIN

Appassionato di rally quando dirai cosa vuoi?

“A sollevare i problemi son capaci tutti, a portare soluzioni molti meno”.

L’ho sentita più volte questa frase nei moltissimi ambiti in cui mi son trovato coinvolto nella mia vita.

Oggi la dico io, dopo un’altra serie di giorni in cui impazza la polemica su quel tumultuoso processo che sta trasformando (neanche troppo lentamente) i rally.

Il motivo del contendere, questa volta, è la scelta di RallyLegend di disputare una prova del venerdì sera all’interno del Misano World Circuit Marco Simoncelli.

Rally e circuiti, un binomio che accende la polemica quasi di default. Compromesso a cui si è riusciti a dare un minimo di accettazione “grazie” al Covid.

Niente di nuovo. Situazioni a cui abbiamo fatto l’abitudine da un po’ di tempo a questa parte.

Le idee (e le gare) non mancano.

Il paradosso è che viviamo nell’epoca con il maggior numero di gare organizzate nello stesso anno, suddivise tra mille mila categorie e sottocategorie ed eventi legati ai rally come (forse) la storia non aveva mai visto.

Un periodo straordinariamente virtuoso, dove non mancano le idee ed i gruppi che cercano di avventurarsi nell’organizzazione di eventi rallystici, nonostante un contesto regolamentare e burocratico tutt’altro che semplice.

In tanti cercano qualche nuova soluzione che possa riportare linfa ad un mondo sportivo in crisi, senza perdere mai il desiderio di riuscire ad attirare qualche nuovo appassionato.

I parcheggi dei centri commerciali stanno lasciando spazio a centro città e palazzetti, ed anche ai piani più alti si entra dentro ad un circuito appena possibile.

Tentativi. A volte buoni e spesso maldestri, con un solo denominatore comune: l’insoddisfazione.

Quello che non piace a chi guarda

Guardando solo agli ultimi mesi, abbiamo osservato i ragionamenti più disparati su qualsiasi tipo di evento.

Tralasciando i malumori per la mutazione ibrida del WRC, dei format “spezzatino” dei campionati nazionali e a completa convinzione di aver diritto di non pagare nulla per seguire uno sport, abbiamo in Mythical Cars Rally e RallyLegend i casi più eclatanti.

Del primo, senza nascondere di averci messo le mani dentro in prima persona, si è detto tutto e il suo contrario, gridando al fallimento all’uscita dell’elenco iscritti per poi tesserne le lodi a giochi fatti. Quando ormai era tardi.

Il secondo invece, al netto di alcuni insopportabili deliri di onnipotenza nelle dichiarazioni pubbliche, ogni anno si prende la briga di cercare di innovare e trovare nuovi spunti per emozionare.

In un format che dimostra da un paio di decadi di funzionare per meritevole inerzia, il desiderio di non replicarsi viene scambiato per un allontanamento dell’essenza di quello che, di fatto, non è una gara ma una festa di fine anno dei rally.

E mi soffermo poco sui commenti in merito ai rally sui media. Come se tutti si fossero dimenticati che fino a quattro-cinque anni fa, per sapere qualcosa di rally si aspettava l’uscita di qualche mensile o qualche ritaglio di trasmissione dopo mezzanotte.

Altroché il problema della telecronaca in lingua italiana o di quel cronista piuttosto che un altro.

I Rally del passato non torneranno

A metterla così, non piace praticamente niente e continuare a seguire ha quel non so che di masochistico.

Però si va avanti. Sperando che quei rally anni 80-90 tornino. E mi fa sorridere che a volte ci sperino persone nate dal ’99 in poi, per sentito dire.

Che non torneranno è l’unica cosa certa, in questo contesto che implode su se stesso e fa dilagare il disamoramento da parte di tutti.

Gli strumenti per parlare ci sono e ci sono tante persone interessate a trasformarle in opportunità. Che poi non si venga ascoltati dai piani alti è un altra faccenda.

Prenderne atto sarebbe già un buon punto di partenza, se non portando alternative interessanti, quantomeno a non farsi catalizzatori di problemi.

Che creare quelli c’è già abbastanza gente, che sarebbe lì per pensare alle soluzioni.

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