Dalla Stratos alla Delta S4, dall’Alpine alla 205 T16: una passeggiata tra le regine dei rally
Stefano Macaluso ci racconta gli anni d’oro dei rally tra aneddoti e curiosità. Un ponte tra passato e presente al cospetto di alcune delle vetture che hanno fatto la storia di questo sport.
Ogni appassionato di rally ha un proprio mito. Un pilota o un’auto che per le loro imprese si porta nel cuore. I motivi per cui questa o quell’auto ci entusiasmano possono essere molteplici. Da quel passaggio spettacolare che abbiamo visto in prova speciale, all’aneddoto raccontato dal papà o dal nonno, fino ad arrivare, soprattutto per i più giovani, al video su Youtube. Non importa per chi si faccia il tifo, l’importante è che ci faccia emozionare.
Di recente è stata inaugurata al Museo Nazionale dell’Automobile di Torino (Mauto) la più importante mostra sui rally che si sia mai vista in Italia. Un’esibizione temporanea che raccoglie circa una ventina di vetture della Fondazione Gino Macaluso. Un percorso che fa rivivere al visitatore la storia dei rally partendo dagli albori, con la Mini Cooper S vincitrice del 1000 Laghi 1967, fino alla Delta Integrale di Kankkunen del Safari 1992. Rallyssimo non poteva lasciarsi scappare un’occasione simile. Abbiamo avuto la grandissima opportunità di parlare direttamente con Stefano Macaluso, curatore della mostra nonché figlio di Gino Macaluso. Direttamente da lui ci siamo fatti spiegare cos’è, come nasce e quali sono gli scopi della Fondazione Gino Macaluso ma anche raccontare molti aneddoti del periodo d’oro dei rally.
La Fondazione nasce per dare una continuità alla visione di Gino Macaluso sull’automobilismo sportivo ma non soltanto, anche sul design e sui valori culturali dell’automobile.” Quindi non soltanto rally ma anche design e l’automobile intesa come forma d’arte ci illustra Stefano. “Interpretare il mondo dell’automobile tramite i rally e tramite il design è una delle missioni che ha la fondazione […] Tutto questo si concretizza in una collezione di automobili [Di cui un piccolo assaggio è quello presente ora al Mauto, ndr]. Per continuare a rendere vivo questo tipo di messaggio la Fondazione si occupa del mantenimento delle automobili che sono state raccolte da Gino Macaluso. Abbiamo delle attività di restauro delle automobili. Credo che una caratteristica di questa esposizione sia che abbiamo davanti delle vetture che sono funzionali. Basta girare la chiave e si va.
Le auto in questione sono tutte auto ex ufficiali di questo o quel marchio. Maniacalmente conservate o restaurate. Infatti, la prima vettura che si palesa davanti a noi è proprio la Cooper S del 1000 Laghi. Forse uno dei migliori esempi di conservazione e restauro della collezione. La carrozzeria, il motore e la vernice sono ancora allo stato originale tant’è che si possono vedere dei segni sul cofano. Non segni qualsiasi ma piccole cicatrici lasciate, a livello della cerniera, quando il cofano si spalancò in prova speciale e ciò nonostante Timo Mäkinen vinse il rally. Un’impresa che rimase negli annali.
Appena più dietro, si riescono a scorgere la Ford Cortina Lotus con cui Söderstrom vinse il RAC del ’66 e una delle Escort che partecipò a quella follia denominata Londra-Città del Messico nel 1970. Girando l’angolo entriamo ancor di più nella storia con la Porsche 911 S Coupé che si portò a casa il primo Campionato Internazionale Costruttori, il predecessore dell’attuale mondiale, nel 1970 con alla guida un asso del calibro di Bjorn Waldegård. L’occhio poi si posa sulla Fulvia utilizzata da Lampinen nel Safari dello stesso anno. Auto che è stata restaurata, come buona parte degli altri veicoli in mostra, tramite un restauro filologico. Si tenta quindi di mantenere la funzionalità del veicolo riportandolo alle specifiche tecniche e grafiche del rally di maggior successo. Un’eccezione a questa filosofia è la Fiat 124 Sport Spider. Auto guidata nel ’72 da Verini ma mantenuta con una livrea più “generica” per riportare alla mente il campionato europeo conquistato in quello stesso anno da “Lele” Pinto e Gino Macaluso.
Gino Macaluso nasce come grande appassionato di corse ed è una storia che ricorda un po’ quella della Apple fondata in un garage” Ci spiega Stefano “Lui di fatto inizia a correre nel ’69 alternandosi al volante con degli altri ragazzi [..] Abbiamo il documento di una gara amatoriale che si era auto organizzato con i compagni di liceo, in cui da ragazzini di 18 anni neopatentati avevano messo dei punti di riferimento sulla colina di Torino e facevano le loro gare, immagino di regolarità. Detto questo, è entrato nella Scuderia Pinerolo Corse con Gianfranco Silecchia, il quale era stato incaricato dai vertici della Fiat di guardarsi in giro per trovare i giovani talenti locali per poi farli correre in quella che sarebbe diventata la squadra ufficiale Fiat
In un’epoca in cui la Fiat era il più grande produttore di automobili in Europa, fa da contraltare l’assoluta artigianalità con cui fu organizzata e costruita la squadra rally
Loro [la Fiat, ndr] si affermano quasi subito vincendo l’italiano nel ’70 con Paganelli-Russo però era ancora da cominciare l’avventura. Un’avventura, una squadra, ancora da organizzare anche rispetto a ciò che succedeva in Lancia […]. La Fiat è stata un po’ riluttante all’inizio nella formazione del team. Il primo embrione nasce con l’assistenza dei clienti sportivi dei rally. Si sono resi conto che avevano dei clienti che correvano le gare importanti come il Rally dei Fiori o il 100000 Trabucchi. Hanno cominciato a organizzare dei furgoni, dei meccanici che fornivano dei pezzi di ricambio alle assistenze dei clienti. Poi, si sono resi conto che i rally iniziavano a diventare uno strumento di comunicazione importante. […] Il dipartimento di comunicazione Fiat mette a disposizione delle macchine, inizialmente destinate ai giornalisti, per fare le corse. […] Cominciano a organizzare qualche meccanico che veniva dalla scuola di preparazione tecnica della Fiat […] Allestivano nei sottoscala, nei seminterrati dei concessionari il primo dipartimento. Visto che la Pinerolo Corse era la squadra più attiva nella provincia di Torino, ingaggiano Silecchia per fare da direttore sportivo. Tutto in modo molto artigianale. […] Succede molto in fretta e quindi ci troviamo casi, come quello di mio padre, che da pilota/navigatore della Pinerolo Corse, dopo aver fatto quattro o cinque gare, si ritrova navigatore ufficiale. […] Con tutto questo, la 124 è molto competitiva e la vittoria dell’italiano di Paganelli-Russo incoraggia ancor di più la Fiat a investire e creare un team sempre più forte […] In quella fase c’è l’acquisizione dell’Abarth e c’è una fase intermedia in cui le macchine vengono dalla catena di montaggio e poi preparate da Bosato. […] Dal ’72 in poi il dipartimento viene messo nei locali dell’Abarth e lì comincia lo sviluppo della 124 Abarth. Gino Macaluso vive all’interno di questa nebulosa che si crea quasi da un giorno all’altro. Anche un po’ riluttante in certi casi. Lui era studente di architettura e voleva fare i suoi esami in modo regolare. Considerava quasi le corse come una grandissima passiona ma non un’attività così importante da distrarlo dagli studi. Solo nell’ultima fase decide di dedicarsi totalmente alle corse. Fa l’anno ’70 pieno, il ’71 fa due o tre gare e non di più e poi viene messo accanto a Pinto e vincono l’Europeo [nel ’72, ndr]
A fianco della Fiat 124 troviamo l’Alpine A110 1800, vincitrice del Rallye del Marocco 1973 con Bernard Darniche. Una delle poche A110 con carrozzeria in vetroresina ma rinforzata in allumino per le dure strade magrebine. La “berlinette” fu l’assoluta vincitrice e dominatrice di quel primo mondiale di cinquant’anni fa. Accanto alla fortissima francesina è esposta quella che da molti viene considerata la regina di questa mostra e dei rally: la Lancia Stratos. Un rapporto conflittuale, quello tra la Stratos e Gino Macaluso, ci illustra Stefano. Soprattutto considerando che Macaluso era alle dipendenze di Abarth e di conseguenza di Fiat.
[Gino] ha avuto sempre un rapporto un po’schizofrenico nei confronti della Lancia e della Stratos in particolare. Da una parte aveva un’ammirazione sconfinata. […] Dall’altra parte erano nemici, erano proprio gli avversari. […] La considerava un pezzo di design, di storia e di innovazione tecnologica imbattibile. La metteva sul piedistallo. Dall’altra parte l’ha sempre sofferta. Era una specie di idolatria schizofrenica.
Cambiando stanza troviamo di fronte a noi le due rivali storiche del mondiale ’83: Audi Quattro e Lancia Rally 037. La prima vincitrice con Blomqvist del Sanremo ’82 e poi usata come muletto per lo sviluppo della A1, la prima gruppo B della casa dei quattro anelli. La seconda guidata da Bettega nel mondiale e poi da Biasion, Cerrato e Liatti in gare di campionato europeo e italiano. Seguono in rapida successione una Fiat 131 Abarth ex Alén, la Reanult 5 Turbo vincitrice del Montecarlo 1981 con Ragnotti e la Delta Hf Integrale del Safari ’92 di Kankkunen. Incredibile la storia di quest’ultima perché dopo un incidente avvenuto al Festival di Goodwood il passaruota, il parafango e la portiera sono stati recuperati e riportati alla forma originale senza sostituirli. I segni che si notano oggi sono quelli del cappottamento avuto al Safari del ’92 e non quelli di Goodwood. Discorso simile si può fare per la Delta S4 esposta. In questo caso però i cofani dell’auto erano completamente volati via. In entrambi i casi, un lavoro minuzioso di ripristino e restauro che si avvicina quasi di più alla scultura, possibile grazie a veri specialisti del settore come l’Atelier di Restauro Toppino e l’Autocarrozzeria F.lli Sandroni. Di fronte alla Delta S4, guidata da Alén in Nuova Zelanda, troviamo l’unica auto non appartenente alla Fondazione Gino Macaluso. L’auto in questione è l’acerrima nemica della Lancia e non poteva mancare all’appello. Stiamo parlando della Peugeot 205 T16. In particolare, l’esemplare esposto appartiene al museo “L’Aventure Peugeot” ed è un Evo2 portata in gara Kankkunen al 1000 Laghi e al Rac del 1986.
Nella stanza a fianco ci ritroviamo in uno spazio dedicato completamente alla figura di Gino Macaluso. Non poteva mancare la Fiat X1/9 Abarth Prototipo, auto di cui Macaluso è stato coordinatore del progetto. Purtroppo la X1/9, dopo una fase prototipale, non riceverà mai l’omologazione per il gruppo 4. La difficile scelta verrà presa dalla stessa Fiat, le ragioni ce le spiega direttamente Stefano Macaluso:
La ragione principale è che, nel frattempo, era arrivata la crisi del petrolio l’anno prima con delle conseguenze devastanti anche sul mondiale rally. Nel ’74 sono state annullate diverse gare. In primis Montecarlo. Il gruppo Fiat era in una situazione veramente annomala, perché aveva due squadre ufficiali che facevano di fatto la stessa cosa e che erano in competizione una contro l’altra. Poi la X1/9 piaceva tantissimo l’Avvocato Agnelli ma non piaceva per nulla al management Fiat dell’epoca. Non che avessero qualcosa contro la macchina, ma la consideravano una macchino non commerciale rispetto ai piani delle Fiat dell’epoca che erano berline e utilitarie sostanzialmente. […] L’azienda stava attraversando, come tutte le aziende europee periodi complicatissimi: scioperi, il crollo della domanda a causa del petrolio etc. […] Di fatto si decide di abolire il programma X1/9 per risparmiare qualcosina subito, ma soprattutto per concentrarsi su una macchina, la 131 Abarth, che sarebbe arrivata due anni dopo e sarebbe stata più vendibile commercialmente. Perciò, ci fu un mantenimento temporaneo del programma Lancia ma un po’ ridotto per poi dare spazio, quasi unicamente, alla 131. Per tutta questa serie di ragioni è stato abolito il programma X1/9 Abarth Prototipo con grande frustrazione anche di Bertone per esempio […] Tutto era veramente pronto, mancava solamente la firma per dare inizio alla produzione della scocca, della carrozzeria, per fare le famose 500 unità per l’omologazione del Gruppo 4. Grande anche la frustrazione di Gino Macaluso che, purtroppo, l’ha presa molto male. Infatti la sua carriera automobilistica finisce lì.
L’auto esposta è quella con cui Gino Macaluso ha corso la sua ultima gara, il Giro d’Italia automobilistico 1974. Al suo fianco nelle qualità di pilota e di tester nientemeno che un asso della F1 come Clay Regazzoni. Da quell’anno in avanti Macaluso si separa dal mondo dell’automobile per dedicarsi con grande successo agli orologi. Da qui, porterà lo sponsor Omega alla Lotus e firmerà la partnership tra Girard-Perregaux e Ferrari durata ben 11 anni. Il ritorno vero e proprio alle automobili lo si avrà solamente nel ’87. In quell’anno la X1/9 viene ritrovata da un collaboratore della famiglia Macaluso nel campo dell’orologeria. L’auto nel frattempo era stata modificata con una carrozzeria adatta per gli slalom. La scocca originale era stata conservata da Sandroni. Dopo un ottimo lavoro di restauro la X1/9 viene riportata alle condizioni originali. Proprio grazie a quest’auto, Gino Macaluso, inizia la collezione con la filosofia che tuttora porta avanti la famiglia. Si può tranquillamente affermare che senza la Fiat X1/9 Abarth la mostra come la vediamo noi oggi non esisterebbe.
Nell’ultima stanza troviamo altre due rivali storiche. Da una parte la Toyota Celica Gt-4 ST165 e dell’altra la Lancia Delta HF Integrale 16V che corsero il mondiale 1990. La Celica fu l’auto con cui Sainz vinse il RAC di fine stagione diventando il primo pilota latino a riuscirci. La Delta invece è la vincitrice del Sanremo con Didier Auriol. Gara nella quale la Lancia divenne per l’ottava volta campione del mondo. Ampio spazio anche a tute, caschi e oggetti appartenuti a piloti di tutti i tempi.
Ultima auto della mostra la Fiat Punto Rally S1600, con cui Andrea Dallavilla corse il primo mondiale junior (JWRC) arrivando secondo alle spalle di un certo Sébastien Loeb. La Punto S1600 era gestita dal team R&D Motorsport. La squadra fu creata da Gino Macaluso per convincere la Fiat a tornare a competere nei rally di massimo rilievo. I risultati della stagione 2001 furono molto soddisfacenti. Dallavilla si giocò il titolo con Loeb fino quasi alla fine. Il campione francese aveva dalla sua il sostegno di PH Sport che era in stretto contatto con la squadra Citroën ufficiale.
La Fiat aveva sviluppato questa macchina soprattutto per i clienti senza mai pensare a una squadra ufficiale. […] Il sogno di mio padre era di riportare una macchina italiana, in particolare una Fiat, nel campionato del mondo. Questa è stata un’occasione fantastica perché era un campionato non così impegnativo come un campionato completo. Era un campionato Junior. […] Abbiamo fatto il primo anno di testi in cui correvo ancora io come pilota e mio fratello [Massimo Macaluso, ndr]. Abbiamo fatto un po’ di campionato europeo, un po’ di italiano e qualche gara del mondiale. L’anno dopo io mi sono ritirato, mio fratello ha continuato a correre. Nel 2001 abbiamo ingaggiato Andrea Dallavilla, campione italiano ’97. Grandissimo pilota e bravissimo ragazzo. […] Fino alla penultima gara, il Tour de Corse, si è giocato il titolo con Loeb. […] Avevamo un team fantastico con i fratelli Mellano che si occupavano di tutto quello che era l’officina e l’assistenza in gara. Coordinati per lo sviluppo tecnico da Franco Innocenti detto “Inox”. […] Rispetto alla Punto, da com’era consegnata da Chivasso, avevamo fatto un alleggerimento di più di 60kg […] Ottenuti in vario modo: dal mezzo chilo degli specchietti in carbonio, che aveva disegnato mio padre come forma, al togliere l’antirombo dappertutto. Era una macchina pensata per i clienti e perciò aveva anche un roll-bar, che paragonato a quello della Citroën, era molto importante e che influenzava il comportamento dell’automobile. Era una macchina un po’ più pesante con un ottima resistenza agli impatti ma molto rigida. Era una rigidezza che ti permetteva di portarla a dei limiti molto alti ma appena si passava il limite eri fuori. […] Mi ha fatto molto piacere di leggere pochi anni fa che Loeb, intervistato sulla sua carriera, ha dichiarato che è stata la gara [il Tour de Corse 2001, ndr] in cui lui ha dato veramente il massimo come mai in nessun altra gara e Dallavilla con la Punto riusciva a stargli davanti. Poi abbiamo avuto una piccola rottura e abbiamo finito il Tour de Corse.
La parentesi della Punto S1600, gestita dalla famiglia Macaluso, si chiude a fine stagione con un ottimo secondo posto in campionato e una vittoria al Sanremo. Le motivazioni anche qui sono molteplici.
Per fare l’anno successivo o saremo stati veramente aiutati dalla marca oppure, dopo due anni di investimenti totalmente a nostro carico, non aveva più tanto senso andare avanti. Avevamo l’attività degli orologi che comunque ci richiedeva molte energie. Io di fatto dall’anno successivo mi sono dedicato totalmente agli orologi e Massimo, mio fratello, anche. Poi mio padre è entrato da lì in poi nella CSAI [attuale ACI sport, ndr] perciò il fatto di avere un presidente e proprietario di un team non sarebbe stata una cosa troppo corretta.”
La passeggiata tra queste regine dei rally finisce con questo ultimo pezzo di storia tutto italiano. La Fiat, come ben sappiamo, produrrà ancora per qualche anno la Punto S1600 per i clienti e poi si darà allo sviluppo della Grande Punto Abarth S2000. Nel mondiale, purtroppo, da parecchi anni non figurano più in pianta stabile case costruttrici o nomi di giovani italiani. L’ambiente dei rally però è sempre apprezzatissimo e basta poco per far riaccendere la scintilla in persone di tutte le età. Lo si è visto nei primi giorni di apertura dell’evento dove, nel periodi del ponte di Ognissanti, sono stati sfiorati i dieci mila visitatori. Chissà che una mostra come questa, organizzata dal Mauto e dalla Fondazione Macaluso, non posso che essere il primo di una serie di passi che riporti a riaccendere l’entusiasmo su una delle discipline più belle del Motorsport.
Per gli appassionati di rally le auto rimarranno in esposizione fino al 2 maggio 2023. Interessante l’iniziativa del Mauto che offre una serie di visite guidate a tema rally, in giornate programmate, con una maggiorazioni di 5 euro sul biglietto d’ingresso. Per maggiori info sul Mauto vi rimandiamo a questo link, mentre per le visite guidate potete cliccare qui. Invece per saperne di più sulla Fondazione Macaluso e sul resto della collezione potete consultare quest’altro link.
Un ringraziamento speciale per questa intervista, va a Stefano Macaluso che ci ha concesso questo fantastico scorcio sul mondo dei rally. Oltre a lui ovviamente anche alla Fondazione Macaluso, al Mauto e al gentilissimo staff del museo. Per le foto, invece, un grande grazie ad Azeta Motori che ci ha assistiti durante il visita.