La disavventura di Gus Greensmith e Jonas Andersson in Kenya, tra luci verdi e commissari inadeguati
Come rovinare l'immagine di un rally in 5 minuti
Una delle molte cose belle dei rally è la vicinanza del pubblico alla gara. Sia nelle pause tra una prova e l’altra, quando i tifosi sono gomito a gomito con i loro beniamini (covid permettendo) sia sulle prove dove, in caso di bisogno, la compagnia della spinta è pronta a fornire assistenza e un poderoso aiuto.
Da quando sono arrivate le Rally 1 tutto questo è parzialmente cambiato in quanto solo in caso di luce verde è possibile avvicinarsi e toccare la vettura senza rischiare di essere folgorati. Quindi senza luce verde si deve stare a distanza, con la luce verde ci si può avvicinare e, se serve, dare una mano. È una cosa in più da tenere sott’occhio, ma il concetto è molto semplice, come il il gioco “green light, red light” (che da noi si chiama “1,2,3, stella”).
In Kenya si vede che questo gioco non lo conoscono e per questo è successo tutto il casino con Gus Greensmith e la sua sfortunata uscita di strada. Inizialmente era girato in rete solo un video dove si vedeva Gus che molto faticosamente usciva dalla macchina, si sfilava il casco e poi, in uno scatto di nervi (più che giustificato) si lamentava del fatto che nessuno fosse andato a prestargli soccorso. Ecco il video.
Il video è evidentemente drammatico e sembra che il pubblico sia totalmente insensibile alla scena, ma poi in realtà è apparso un secondo video, più lungo e completo, che mostra come il pubblico fosse ben conscio della necessità di aiutare l’equipaggio ma che una zelante commissaria di percorso abbia impedito a chiunque di avvicinarsi, senza minimamente controllare le condizioni di salute dell’equipaggio e senza dare peso alla luce sulla macchina (e probabilmente innervosita dal fatto di dover interrompere la sua ripresa dal telefonino dei due malcapitati bloccati in macchina).
Anche l’arrivo di un’auto di soccorso e/o dell’organizzazione non ha cambiato di moto la situazione sebbene gli ultimi due arrivati siano riusciti, insieme all’equipaggio, a rimettere la macchina su quattro ruote. In tutto questo è sopraggiunta anche la Puma di Serderidis, al quale non è stata data nessuna bandiera dalla suddetta commissaria di percorso, troppo impegnata a discutere.
Per fortuna che il pubblico ha rallentato Serderidis e per fortuna che Greensmith e Andersson non si erano fatti niente o che non c’è stato un principio di incendio. Insomma, poteva finire malissimo e possiamo solo tirare un sospiro di sollievo.
Tuttavia fa rabbia osservare la superficialità dell’organizzazione e della FIA, tanto solerti nel mandare i tifosi a distanza siderale dalla sede stradale in Europa, quanto lascivi nello scegliere e formare commissari di percorso in Kenya.
Forse in alcuni paesi in via di sviluppo manca la cultura motoristica e proprio per questo è un bene organizzare questi eventi in questi luoghi e portare un po’ di febbre dei motori anche lì, ma è difficile pensare che con qualche ora di corso di formazione non si potesse fare di meglio. Come detto, per fortuna non è successo niente e ne possiamo discutere a cuor leggero. Speriamo solo che in federazione abbiamo capito la lezione e la mettano in pratica nel modo giusto (non mandando altri 300 metri più lontano dalla strada il pubblico!).