Finlandia. Grande Madre del Rally
Una terra schiva e lontana, ma che partorisce da sempre grandi piloti
C’era una volta una terra assai lontana. Una terra che, dovesse portarsi fede ad una ordinaria mappa geografica, andrebbe volutamente cercata per esser trovata. Si estende a ridosso del confine occidentale della Russia [ma con la Russia non ha niente a che vedere, N.d.r.] e così prossima all’estremo Settentrione del pianeta, che, lì per lì, si stenterebbe a credere faccia parte del continente europeo.
Eppure, con la forma d’un fagiolo gelosamente custodito ancora nel proprio baccello, la Finlandia è una delle lande più significanti nella storia d’Europa, soprattutto quella del XX secolo al principio della Seconda Guerra Mondiale, con le prove d’eroismo messe in campo dal suo esercito contro i caparbi morsi dell’Armata Rossa agli ordini di Iosif Stalin. Da questa impresa nacque, tra l’altro, il famoso termine finlandese “sisu“.
A chiunque si addentri nel suo suolo, magari partendo dalla sua bella capitale, affacciata lungo le gelide acque del Baltico, sarà fatto immediato d’esser conquistati dai magici paesaggi, assai intonati al senso estremo di territori che finiscono per oltrepassare il circolo polare artico: distese innevate, migliaia di laghi, sterminate foreste di betulle, ma, soprattutto, a causa della latitudine, fenomeni atmosferici straordinari, come notti senza confine dell’alba o giorni senza tramonto del sole.
Sono proprio le condizioni climatiche, che si fanno via via più proibitive man mano che ci si allontani dalle coste meridionali – dove, d’altronde, sono allocati i maggiori centri urbani e vive la più gran parte della popolazione – a rappresentare una delle principali ragioni che fondano uno dei successi per i quali la nazione finnica va maggiormente nota: produrre generazioni di formidabili conduttori di rally a cadenza di passo sempre costante.
Sentieri isolati, inviolati dall’usura del traffico quotidiano, carreggiate naturali che corrono tra file di alberi secolari sotto un cielo familiarmente luminoso, un pullulare di piste spontanee tra anfratti di paradiso terrestre, insomma una sconfinata libertà di spazi che è diretta conseguenza di quel clima che, in questo caso, da avversario dell’uomo si tramuta in suo prezioso alleato, facendo di grandi ambienti aperti un’ideale palestra naturale per chi, al volante, affidi la missione del proprio sogno di pilota.
E, in Finlandia, questo sogno è nutrito da tanta, ma davvero tanta gioventù, vale a dire un numero più che sufficiente per consentire una selezione funzionale ad una scrematura di livelli altissimi. Così, basterebbe assai poco per soffiare sopra una girandola di glorie, che vortica fin da quando il rally assunse fisionomia definita e autonoma ufficialità.
A partire da Rauno Aaltonen, tra i primi assi finnici di specialità, nonché tra i primi piloti al mondo ad essere inserito nella nota “Hall of Fame del Rally”. Il corso professionistico di colui che sarà soprannominato “The Rally Professor”, ebbe inizio, però, in sella alle due ruote, con un crescendo di successi che conobbero la sublimazione nella vittoria del campionato motociclistico nazionale del 1958. In realtà, si tratterà dell’unica, grande conquista da centauro, perché, tre anni appresso, col trionfo nel Rally dei “1000 Laghi” e, poi, nel Rally di Polonia, il nome di Aaltonen sarà associato esclusivamente alla particolare dimensione del rally, quella che, presto, gli avrebbe conferito un’imperitura fama mondiale.
Scalando tra i ricordi più vivi, non farà fatica a spuntare, poi, quello di Markku Alén, detto “Maximum Attack” per via della sua grinta trascinante, verace, gioiosamente cosciente e per quella sua particolare visione secondo cui il pilota deve correre sempre e solo per vincere, sfidando, per questo, il massimo delle proprie, stesse capacità. Chioma bionda, sguardo magnetico, mascella volitiva, Alén inizierà le prime competizioni significative a bordo di Volvo, ma legherà la prima fase delle proprie glorie sportive alla Fiat. Da Torino, infatti, riceve mandato per pilotare dapprima la 124 Abarth e, successivamente, la 131 Abarth, vale a dire la vettura con cui raggiungerà soddisfazioni di sempre maggior peso, come la “1000 Laghi”, vinta per ben due volte, o la tappa del Portogallo, dominata nel 1977.
In tutto saranno centoventinove le edizioni di rally alle quali parteciperà e, dopo la Fiat, con marchi come Ford, Lancia, Subaru e Toyota. E sarà lui, a partire dal termine del suo percorso professionistico, a vantare inviolato il primato delle vittorie di prova, ben ottocento e uno, almeno sino all’avvento del prodigioso Loeb, che lo supererà nel 2011.
Sangue finnico anche nelle vene di Markus Gronholm, classe ’68, uno dei pochi a farcela nell’impresa di battere Loeb. Ci riuscirà a bordo di una Ford Focus WRC, nella Montecarlo del 2006. Un anno questo, per lui, particolarmente fruttuoso – considerando le vittorie che inanellerà sino alla gloria del secondo podio finale – ma, pure, per la stessa Casa dell’Ovale blu, visto che, grazie proprio al pilota nordico, la Ford si porterà via il Titolo Costruttori e lo farà pure l’anno successivo, l’ultimo della carriera di Gronholm nel rally, durante il quale la farà di nuovo a Loeb, nella tappa di Nuova Zelanda.
Figlio d’arte e pilota più giovane a vincere un rally (all’età di 24 anni), Henry Toivonen nasce a Jyväskylä nel 1956. A lui, talento di grandi prospettive, sarà dedicata la “Race of Champions”, in seguito all’evento della sua tragica scomparsa, avvenuta nel 1986 durante il Tour de Corse, dopo un capitombolo lungo un burrone che cingeva un tratto del tragitto. Toivonen sarà uno dei fortunati ad avere l’onore di pilotare la mitica Delta S4, con la quale riuscirà a salire sul gradino più alto, nel 1985 e nel 1986, rispettivamente nella tappa di Gran Bretagna e in quella di Montecarlo.
Di asso in asso, Tommi Makinen, passato alla fama non solo per avere meritato il titolo di Campione di Finlandia nell’edizione di rally nazionale del 1988, e, in seguito, il Titolo mondiale WRC, addirittura per ben quattro volte consecutive, sul finire del secolo scorso. Makinen, infatti, sarà uno dei pochi piloti – un altro, ad esempio, fu Rauno Aaltonen – ad aver ricevuto l’onore di rientrare tra i cosiddetti “Finlandesi Volanti”, uno specifico riconoscimento destinato a campioni dello sport – tra cui anche piloti – di nazionalità finnica, i quali si siano distinti nel tempo per straordinarie prestazioni sportive. Tanto per un esempio, in questa speciale categoria fu menzionato anche Paavo Johannes Nurmi, mezzofondista che fece la storia nelle Olimpiadi di Anversa del 1920, conseguendo tre medaglie d’oro, e ripetendosi nel 1924, all’appuntamento olimpionico di Parigi, con la conquista di ben cinque placche dorate, due delle quali contemplavano le specialità dei 1.500 metri e dei 5.000, gare ambedue avvenute e vinte nell’arco di appena un’ora.
Nato nel 1942 a Joensuu, con una laurea in ingegneria in tasca, Hannu Mikkola è rimasto impresso nella pellicola del rally per quel suo aspetto bonario, socievole, amabile e sempre sorridente. Di pelo biondo, come tanti altri suoi colleghi connazionali, riesce a conquistarsi presto la fiducia di un magnate, Leo Yoky, che lo sosterrà finanziariamente nei suoi primi importanti passi da pilota e, decisamente, senza mai pentirsene: presto, malgrado ancora una giovane età (24 anni), Mikkola riuscirà nell’impresa sorprendente di battere gente dell’esperienza e del calibro di Rauno Aaltonen e Timo Makinen. Da questo momento, sarà una cascata di successi, che lo confermeranno nell’olimpo del rally mondiale, come, solo per fare alcuni esempi, la “1000 Laghi”, vinta per numerose volte a partire dal 1968, o l’”Alpenfahrt” nel 1969, l’”Artic Rally” l’anno dopo, il “RAC” nel 1978, fino al titolo del Mondiale Piloti nel 1983. Hannu Mikkola scomparirà nel 2021, tradito da un tumore impietoso, che, però, non riuscirà a cancellare la sua memoria, ancora oggi piacevolmente viva.
A Kimi Raikkonen, invece, va la palma della più singolare delle eccezionalità.“Iceman” (dall’inglese all’italiano: “Uomo di Ghiaccio”) – com’è, ancora oggi, soprannominato per via del suo atteggiamento freddo e distaccato anche in frangenti dove, solitamente, l’umana emozione detta comportamenti di partecipazione – nasce e pasce brillantemente nella Formula 1, dove colleziona diversi successi, con i più recenti, fino al 2021, alla guida delle monoposto Alfa Romeo, scuderia sorella della più blasonata Ferrari.
La maggiore singolarità che gli si riconosce, è dovuta ad un momento d’inattesa e improvvisa sospensione delle sue corse nella massima formula a ruote scoperte. Ad un certo punto, infatti, proprio nel bel mezzo della sua carriera agonistica in pista, col tramonto delle membra ancora lontano, Raikkonen decise di ritirarsi. E fu proprio durante questo lasso di tempo, durato dal 2009 al 2011, che fece il suo ingresso nel mondo del rally, dove guadagnerà un discreto successo e non avrà mai motivo di rimpiangere la disciplina di origine.
Si tratta appena d’alcuni nomi dei più nobili tra i figli di una patria, quella della Finlandia, alla quale può essere naturalmente tributato il titolo di Madre, anzi, di Grande Madre del Rally. Che, poi, il suo segreto sia il territorio colle sue particolari opportunità, o anche, semplicemente, l’aria che vi si respiri; o che si tratti dello spirito di libertà che soffia nei petti del popolo finlandese, spingendolo ad agire talmente estremi da sconfinare nella pratica dell’eroismo; o, ancora, che sia una mera questione di predestinazione, oppure, infine, quel mistero si nasconda dentro una vicenda nota solo alle divinità delle antiche genti che ebbero ad abitare queste lande fin dall’alba della storia d’Europa … insomma, qualunque possa essere la ragione che stia dietro questo fenomeno, rimane un dato che la Finlandia rappresenti, ad oggi, un patrimonio fondamentale per il rally e per la sua storia. Un tassello insostituibile, da mirare e ammirare per dovere, se si vuole intatta la grandezza dell’intera trama di questa specialità automobilistica fin dai suoi primi battiti, avvenuti in Francia e in Italia, durante i decenni iniziali del secolo scorso.
Fonti bibliografiche