Rally e neuroscienza: i segreti nella mente dei piloti
Interessante test che porta alcune interessanti informazioni su quel che avviene nella testa dei piloti durante la guida sportiva
Eurosport in collaborazione con M-Sport ha recentemente lanciato un nuovo documentario, dal titolo Racing Minds, su come la mente di un pilota reagisce sottopressione e quanto velocemente riesce ad adattarsi ai cambiamenti esterni. Lo studio è stato talmente interessante che anche il sito ufficiale del WRC ne ha voluto parlarne, ma andiamo per gradi.
I test sono stati svolti nel famoso circuito di Aragòn nel sud della Spagna. I piloti coinvolti sono il duo ufficiali di casa M-Sport: Gus Greensmith e Adrien Fourmaux. Per quanto riguarda l’auto utilizzata non poteva che essere la nuova Puma ST.
In M-Sport quando si parla di innovazione, sia essa a livello tecnico o di ricerca, sappiamo bene che sono sempre un passo avanti a tutta la concorrenza. Questa volta però si sono spinti oltre e lo possiamo capire bene dalle parole di Will May:
Quelle che vedete nei circuiti o nelle prove dei rally sono auto molto diverse da quelle usate 5, 10 o 20 anni fa. La tecnologia che è stata incorporata in questi motori è cambiata, le auto sono state migliorate in ogni campo. Quello che stiamo cercando però è l’ultima frontiera del miglioramento riguardante la performance mentale dei nostri piloti. Cosa possiamo imparare? Come possiamo migliorare le performance tramite l’allenamento delle tecniche mentali? Noi siamo fermamente convinti che c’è un’opportunità per influenzare quest’ultima area di abilità dei nostri piloti.
Quindi non solo un miglioramento del mezzo meccanico ma anche del limite dell’atleta stesso. Da anni i piloti sono seguiti da personal trainer e mental coach. Questa ricerca offre però qualcosa di diverso; un vero e proprio approccio tecnico/scientifico allo studio della mente umana come spiegato da Yates Buckley, Technical Partener del progetto:
Il progetto è quello di costruire un casco con speciali sensori che ci permettano di capire cosa succede nella mente del pilota. In questo modo possiamo dargli dei feedback sulle loro performance e su come migliorarle.
Come facilmente intuibile il ruolo principale nel progetto è svolto proprio dal casco. Per poter raccogliere i dati, sono stati sviluppati una nuova serie di elettrodi da posizionare comodamente sulla testa del pilota. Il tutto viene gestito da un microcontrollore che invia le informazioni in tempo reale ad un computer nei box. Inoltre l’auto è stata dotata di un GPS ad alta precisione, montato sul tetto, che permette di vedere esattamente dove il pilota si trova nel tracciato. Una dimostrazione questa di quanto la tecnologia si è spinta avanti in così breve tempo. Basti pensare, come sottolineato dal Dr. Elias Muochilianitis, che questi esperimenti solitamente vengono fatti all’interno di ambienti controllati in situazioni ideali e non sicuramente in un circuito mentre un pilota sta guidando a tutto a gas.
La prima fase di test, come in ogni esperimento che si rispetti, è la raccolta dei dati, la base da cui partire. Qualche giro di pista per Greensmith e Formeaux che da buoni compagni di squadra entrano subito in competizione misurandosi i tempi. Come sempre bellissimo il fair-play e la stima reciproca tra i due.
Gus ci spiega anche cos’è per lui quello che in psicologia viene detto “flusso” (o in inglese flow) e che gli sportivi identificano come trance agonistica:
Il flow per un pilota è quando tutto diviene subconscio e fluido al punto tale che non stai più pensando, stai solamente guidando. Molte volte non ricordi neanche cos’hai fatto in prova perché è un’esperienza in cui sei completamente immerso in un tutt’uno con l’auto.
Quello che i neuro-scienziati stanno cercando è proprio l’origine di questo fenomeno come evidenziato dal Dr. Mouchilianitis:
Il flusso è uno stato mentale che tutti noi abbiamo provato ma realmente non sappiamo quale sia il segnale che lo fa scaturire. La speranza, con questo esperimento, è proprio trovare il segnale di questo stato mentale così performante.
La seconda parte del test, detta neurofeedback experiment (esperimento della risposta neuronale), consiste nel “guidare” un auto con la mente. Per lo scopo, è stato creato uno speciale gioco al computer in cui viene chiesto ai due piloti di provare a mantenere la vettura su di una linea retta mentre si muove. Questo impatterà sulle loro performance in futuro e permetterà agli scienziati di captare uno speciale segnale detto alpha. Le basse frequenze di questo segnale sono associate all’attenzione alle alte velocità in auto e alle migliori performance. In questo modo i piloti alleneranno e renderanno automatiche le sensazioni che generano la trance agonistica.
Gli atleti solitamente usano tecniche speciali, concentrandosi sul respiro o sulla meditazione, per tenere alta la concentrazione e rimanere, inconsciamente, in quella gamma di valori di alpha che consente lo sviluppo della trance agonistica. Riuscendo a mappare e a studiare come viene innescato il “flusso” gli scienziati potrebbero essere in grado di creare delle tecniche riutilizzabili tutti i giorni da chiunque per avere una miglior resa sia per quanto riguarda le performance, sia per ciò che concerne la concentrazione stessa.
Entrambi i piloti M-Sport adottano delle tecniche che già hanno imparato in altre sessioni di allenamento. Nello specifico facendo dei piccoli movimenti ritmati con le mani o con le dita. Sia Greensmith che Formeaux sono riusciti a battere il record del simulatore. Gus, però, usando la sua tecnica fin dalle prime fasi, riesce ad avere la meglio su Adrian che la adopera invece solo nell’ultima parte dell’esperimento. Chiaramente durante un rally non è possibile spostare le mani dal volante per generare maggiore concentrazioni. Quello che viene consigliato ai due piloti è di provare ad immagazzinare le sensazioni che creano quel dato stato di performance senza però l’utilizzo di tecniche di concentrazione.
Nell’ultima parte del test il tracciato viene alterato con una chicane artificiale in pieno rettilineo. Questo dimostrerà che, se l’allenamento mentale è stato fatto in modo corretto, il pilota riuscirà non solo a focalizzarsi al meglio sulle performance ma anche a migliorare la sua concentrazione mentre guida. Il tutto è valido non solo per i monotoni e ripetitivi circuiti ma anche per le prove speciale dei rally dove le condizioni cambiano di continuo. L’altro risultato ottenuto con il neurofeedback experiment è che i piloti riescono a calibrare e a capire se le tecniche usate nei precedenti allenamenti mentali possano essere utili o meno per loro e fino a che punto lo siano.
Nel video non viene spiegato se è stato trovato il fattore che determina la trance agonistica ma siamo fiduciosi che gli scienziati ci daranno presto una risposta che potrà essere utilizzata da ciascuno di noi tutti i giorni.
Per vincere, chiaramente, ci vuole sempre un gran piede destro. Come in tutti gli sport ad alto livello però è la ricerca del dettaglio che può fare la differenza e chissà che l’esperienza dei due alfieri M-Sport non possa tornargli utile un domani quando avranno maturato l’esperienza necessaria per giocarsi le loro carte per il titolo!