I freni nel WRC? Tutti i segreti spiegati da Brembo!
Siamo andati a trovare l’azienda lombarda leader Mondiale dei sistemi frenanti per farci spiegare tutti i dettagli di come una Rally1 riesce a fermarsi.
L’immagine che tutti abbiamo in mente quando si parla di freni nei rally sono quei quattro dischi infuocati, magari dopo una discesa ripida, ancora fumanti al controllo stop di fine PS.
Ma cosa c’è dietro il pedale a sinistra dell’acceleratore? Lo abbiamo chiesto a Brembo leader Mondiale degli impianti frenanti nel Motorsport e non solo oltre che eccellenza tutta italiana.
Ad accoglierci c’è Daniele Bettini, referente Ufficio Stampa Motorsport, mentre a rispondere alle nostre domande troviamo Andrea Matti, ingegnere e Motorsport Customer Manager. Due appassionati di corse prima che professionisti del mondo racing. Sono loro ad aprirci le porte del Kilometro Rosso di Bergamo.
Chi equipaggia Brembo nelle varie categorie
“Tra le Rally1” esordisce Andrea “attualmente forniamo Hyundai ed M-Sport, mentre per Toyota forniamo solo pochi particolari del sistema. Nelle Rally2, oltre a Hyundai ed M-Sport, eravamo presenti nelle Skoda Fabia fino al modello Evo del 2019.”
Lavoro di squadra
Tutto parte dal Costruttore che ci contatta per progettare la nuova macchina: facciamo compilare una scheda tecnica dove deve indicarci pesi, velocità massime ed una serie di dettagli per fare una analisi energetica in modo da capire che tipo di impianto proporre. A meno che non sia una applicazione completamente nuova (come la nuova Audi RS Q e-tron equipaggiata alla recente Dakar), si può andare per similitudini o per dimensionamento geometrico (come successo tra le WRC Plus e le nuove Rally1).
Fatta la prima proposta di massima chiediamo esigenze su particolari specifici da parte del cliente: successivamente viene elaborata la proposta commerciale ed una volta approvata si può iniziare la progettazione.
Possediamo uno specifico software, detto ottimizzatore topologico, che ci permette di massimizzare rigidezza della pinza e peso andando a ‘materializzare’ la pinza solo nei punti necessari, anche a fronte di un calcolo CFD: il programma impiega all’incirca una settimana data la complessità. Ovviamente il layout è molto grossolano, solo una nuvola di punti.
Da lì il progettista incaricato inizia a progettare la pinza secondo le indicazioni del software ed applicando i dettagli eventualmente richiesti dal cliente. I primi prototipi vengono validati ai banchi prova, statici e talvolta anche dinamici: 1/2 set di prototipi vengono inviati al cliente per i primi test. Una volta omologati solitamente non vengono usati ‘joker‘ fiche per eventuali evoluzioni.
Come cambiano i freni per le nuove Rally1 rispetto alle Plus
La potenza maggiore, circa 130/140CV di picco, in più delle Rally 1 rispetto alle Plus non è il maggior ostacolo per l’impianto frenante: di sicuro a Monte-Carlo non abbiamo visto la potenza massima ma sappiamo che tutti hanno fatto dei test specifici provando la massima performance del propulsore. L’aumento di circa 100kg di massa dovuto alla componente ibrida è sicuramente rilevante da tenere in conto nella progettazione del sistema. Nonostante questo, sia per regolamento sia per scelte tecniche, il sistema frenante è praticamente molto simile a quello che equipaggiava le Plus: invariati quindi i diametri di dischi, spessori (differenti a seconda della gara) ed i diametri dei pistoni delle pinze.
Le pinze e le campane sono state oggetto di una stretta regolamentare per il contenimento dei costi: abbiamo dovuto quindi abbandonare particolari leghe di alluminio che usiamo in pista. Questo particolare deve avere ora un peso minimo, non potendo più estremizzarla come per esempio con la pinza usata da M-Sport fino all’anno scorso; ovviamente non è possibile partire dalla pinza di una Rally2 (che è forgiata) ed installarla sulla Rally1: sono nate delle pinze specifiche per i nostri due clienti, dove alcune linee guida sono state seguite da entrambi, e dove altri particolari sono stati customizzati da ciascun team i base alle richieste, sempre partendo dal rispetto del peso minimo imposto. L’aumento di peso ha fatto sì che qualche particolare venga integrato nella pinza, quando in passato era separato da essa, rendendola più performante in termini di rigidezza.
Abbiamo lavorato molto sull’impianto di raffreddamento: il nostro approccio era di lavorare meccanicamente la pinza e poi installare su di essa un carter (detto anche ‘manina’), che chiudeva la superficie esterna della pinza e si connetteva ad un tubo di ventilazione proveniente dalle prese d’aria, dirigendo l’aria in determinati punti chiave come la piastrina della pastiglia o intorno alla zona dei pistoni, ecc. Nella ultima evoluzione abbiamo cercato di aumentare la capacità di raffreddamento: abbiamo creato un tunnel sul ponte della pinza che mette in collegamento il lato esterno con il lato interno della pinza. Avendo più massa abbiamo voluto sfruttarla per rendere la pinza più robusta soprattutto per la terra: alle volte i sassi potevano distruggere il carter in carbonio.
Che caldo!
Ho sempre spinto i nostri clienti ad usare sistemi raffreddati ad aria anche quando c’era la possibilità del raffreddamento ad acqua (in realtà un liquido particolare per sopportare temperature elevate senza andare in ebollizione): si riesce ad evitare tutte le criticità di componenti aggiuntive ed alla fine si può raffreddare i freni in maniera più efficiente.
A seconda della gara, i team possono scegliere tra diversi spessori di disco: in Finlandia o su un Monte-Carlo sul ghiaccio solitamente non è particolarmente gravoso per i freni (anche se quest’anno abbiamo visto molti dischi rossi), Croazia e Giappone hanno un impegno molto più elevato e richiedono spessori maggiori. A differenza della pista, dove i dischi girano a velocità di rotazione maggiori, nei rally bisogna lavorare sullo scambio termico prima che sulla ventilazione: un disco molto leggero cicla molto, cioè è molto sensibile sia all’abbassamento che all’innalzamento di temperatura: questo porta ad avere ‘cricche’ o deformazione plastiche permanenti; un disco più pesante è più stabile termicamente.
Una pinza lavora senza problemi fino a 180°C (temperatura misurata con una termocoppia annegata nell’alluminio e scaricata sulla telemetria; l’uso dei sensori è molto utile per capire l’origine dei problemi): la ‘soglia d’allarme’ scatta dai 180°C ai 220°C circa, e oltre i 220°C, bè diciamo “Houston abbiamo un problema!” (ride ndr). C’è da dire che le temperature schizzano alle stelle al controllo stop con vettura ferma: avere valori alti lì non è un problema; viceversa, avere temperature alte durante la PS è molto più preoccupante, e una volta all’assistenza consiglio sempre di cambiare dischi e guarnizioni in gomma delle pinze. Queste guarnizioni hanno anche un effetto di ‘richiamo’ del pistone (roll-back in gergo tecnico): se la temperatura è troppo elevata la gomma si cola e fa sì che le pastiglie rimangano in contatto con il disco.
La temperatura ottimale dei dischi si attesta tra i 450°C e 550°C: oltre i 600°C per avvicinarsi ai 700°C si iniziano ad avere le criticità.
Dimmi il budget e ti dirò cosa cambiare
La vita dei vari componenti dipende dal tipo di gara e soprattutto dalla strategia adottata dal team. Più una squadra è nelle posizioni di rincalzo e non lotta per il vertice, più tende a non cambiare componenti così spesso come chi si gioca il Mondiale.
Le pinze di solito vengono revisionate ogni due/tre gare, a seconda delle temperature riscontrate.
Io consiglio sempre ai team che un set di pastiglie deve essere cambiato alla fine di ogni giornata di gara (ovviamente non se viene fatta una sola PS spettacolo o se vengono annullate metà prove in programma); questo per garantire il massimo dell’efficienza dell’impianto frenante.
I dischi a livello di sicurezza riescono a coprire un intero evento di condizioni medie senza problemi, ma se guardiamo alla performance dipendono molto dal tipo di guida che il pilota ha: chi usa molto il piede sinistro oppure è un giovane debuttante deve cambiarli dopo ogni giornata di prove; piloti come Ogier che gestiscono molto bene tutto l’impianto non hanno bisogno di sostituzione. Una alternativa sta nel cambiarli dopo un giorno e mezzo di gara, a metà del sabato.
Riscaldamento, nel modo giusto
E’ importante come si scalda tutto l’impianto per riuscire ad arrivare allo start con le temperature corrette, senza aver compromesso parti del sistema. A meno che la distanza tra due prove non sia di 4/5km, la differenza di temperature tra la fine di una PS ed il trasferimento non è un punto chiave: finita la prova il pilota deve raffreddare i freni e guida normalmente durante tutto il successivo trasferimento, e per le velocità raggiunte si riesce a portare tutto l’impianto a temperatura ‘ambiente’. Fondamentale per un corretto funzionamento, è scaldare nuovamente nel miglior modo possibile tutti e tre i componenti, disco, pinza e pastiglie. La pinza più fredda rimane, più è performante.
Le pastiglie hanno una temperatura minima di funzionamento, per avere cioè la cosiddetta ‘coppia frenante’ sul disco (varia in base alla mescola ed al fornitore). Il concetto di base sta nel far arrivare le pastiglie alla temperatura ottimale di utilizzo, cercando di riscaldare gradualmente il disco: si fanno delle frenate progressive man mano che ci si avvicina alla partenza della PS. Partire senza avere scaldato correttamente il sistema porta a due problemi: le pastiglie non frenano e si rischia di piegare il disco con conseguenti vibrazioni.
Alcuni team hanno preso in prestito dalla pista il fatto di sfruttare il calore generato dai freni per poter aumentare le temperature dei pneumatici: in caso di temperature ambientali basse, come Monte-Carlo o Svezia, il disco collegato al mozzo riscalda il cerchio ed a sua volta l’aria contenuta, aumentano la pressione della gomma. Non è semplice da eseguire, perché l’impianto è molto ventilato per essere efficiente, ma tappando opportunamente tutte o parte delle prese d’aria e con specifici test è fattibile.
Freno a mano
Come fornitore freni noi abbiamo voce sulla pompa della leva freno a mano e sull’eventuale sblocco del differenziale posteriore (su auto a trazione integrale): infatti se questo meccanismo non fosse presente si bloccherebbero anche le ruote anteriori.
Nelle S2000 e nelle WRC ante-2017, questo cosiddetto switch era idraulico: la leva era collegata a due pompe sincronizzate con un ritardo, una per disconnettere il differenziale ed una per bloccare le ruote tramite la pompa freni posteriore.
Nelle WRC Plus lo switch diventa elettronico: un sensore rilevava il movimento della leva (o per variazione di pressione o per aver rilevato la corsa) e disconnetteva il differenziale centrale (e di conseguenza quello posteriore). Attualmente la soluzione è tornata a concetti simili a quelli pre-Plus.
La pompa usata per aprire e chiudere il differenziale è una normale pompa freni; la pompa freno a mano è stata sviluppata nel tempo da Brembo per ragioni di sicurezza: è importante avere una corsa a vuoto maggiore, nel caso in cui dell’olio motore finisca nel fluido freni tenendo bloccate le ruote posteriori.
Operazione spurgo
Nel video sottostante, Mads Ostberg ed il navigatore Torstein Eriksen mentre spurgano i freni tra le PS del RIS 2021:
Quasi tutti i clienti Brembo usano il nostro olio HTC 64: è il fluido freni con il punto di ebollizione più alto attualmente sul mercato: in macchina non deve mai e poi mai essere confuso o mischiato all’olio motore, altrimenti cola le guarnizioni delle pinze di cui parlavamo in precedenza.
E’ una operazione che va fatta in maniera corretta, seguendo la procedura per evitare, non solo che restino bollicine d’aria nel circuito, ma anche che non ne venga dentro dall’esterno. Deve essere eseguita ogni volta che si cambino dischi o pastiglie, perché si arretrano i pistoni delle pinze; viene deciso anche su input del pilota, se per esempio sente il pedale ‘spugnoso’ o incostante e si ha il dubbio di aria nel sistema: capita di ricevere telefonate dai piloti in gara che mi chiedono consigli se fare lo spurgo o meno in trasferimento. Può capitare che nella fretta in assistenza il team si dimentichi di farlo nella maniera corretta oppure non si abbia il tempo.
Piede sinistro
La tecnica di guida viene presa in considerazione in fase di progettazione: ovviamente molto di più in una Rally2 (che ha uno spettro di possibili utenti molto maggiore) che nelle nuove Rally1 vista la presenza dell’ibrido che teoricamente dovrebbe vederla scomparire. A differenza della pista, la frenata nei rally non è secca: solo ad esempio ad Ypres o in Germania ci si avvicina molto alla frenata da pista. In particolare sulla terra, il freno viene usato per bilanciare la macchina e gestirne l’assetto nelle curve. Non c’è la sollecitazione da 50bar di pressione sul freno come in pista, ma c’è una serie molto lunga di piccole frenate da 15-20bar ciascuna per kilometri e kilometri: questo comporta un’innalzamento della temperatura; un grafico temperatura è chiarissimo: mentre in pista si nota che la temperatura si innalza con la frenata e poi torna al livello precedente, nel rally ad ogni piccola frenata la temperatura del sistema cresce costantemente durante la PS.
Il livello di esperienza del pilota aiuta in questo senso: piloti più esperti riescono a fare una frenata più pulita tenendo la temperatura più bassa.
E si chiude così un autentico bagno di tecnologia, tecnica e passione nel cuore di un marchio tutto italiano che ha scritto, scrive e scriverà pagine importanti nella storia del Motorsport.