Formula 1 e Rally, universi paralleli che ogni tanto si sfiorano
Una breve storia dei team di F1 negli sterrati dei rally distanti dal confortevole asfalto della pista
Formula uno e Rally due facce dell’automobilismo sportivo per certi versi agli antipodi. Due mondi di emozioni e uomini duri che hanno fatto la storia del motorsport. Due realtà e due mentalità completamente differenti. Da un lato la ricerca della perfezione e della precisione in ogni singola curva, dall’altro l’ingegno e la creatività per affrontare a tutto gas un pezzo di strada semi sconosciuto basandosi solo su poche note di ricognizione.
Sono iniziate da qualche giorno le presentazioni delle prime squadre di F1 per il mondiale 2022 ma qual è il rapporto dei team con il fango, la neve e le anguste stradine dei rally? Andiamo a scoprirli uno per uno in questa carrellata!
Alpine
Iniziamo con il marchio più importante, dal punto di vista storico per i rally, tra quelli presenti in F1. L’Alpine legò in modo indissolubile il suo nome al mondo delle corse su strada nei primi anni ’70. Vincitrice del primo mondiale marche nel 1973 con la “berlinette”, la famosa A110, fu capace di battere le più accreditate Lancia Fulvia HF e Ford Escort RS1600 e non solo. La trazione posteriore, il motore 1.8L, il peso di appena 710kg le permisero di conquistare risultati clamorosi. Riuscirono a piazzarsi addirittura cinque A110 nelle prime sei posizioni al Monte-Carlo di quell’anno. Nello stesso periodo, Alpine, tenterà anche di entrare in F1 prima con la A350 e poi con la A500 motorizzate Gordini ma i progetti furono entrambi bloccati sul nascere dalla casa madre, Renault, per scarsa competitività. Degna di nota è la vittoria a Le Mans con la Alpine-Renault A442 del 1978. Un marchio quello di Dieppe che ha spaziato in lungo e in largo nel mondo delle corse; partendo dai rally in primis per finire a vincere anche su pista, chissà che non riesca a sbalordire anche in F1!
Alfa Romeo-Sauber
Altro marchio storico capace di dominare ogni tipo di corse è Alfa Romeo. La casa di Arese si affaccia ai rally nel 1964 con la Giulia TZ. Sarà il marchio più vincente nella prestigiosa Coupe des Alpes e conquisterà tre Giri d’Italia automobilistici con nomi del calibro di Biasion, Patrese e Cerrato. Con l’Alfetta GT e GTV riuscirà a portare a casa qualche buon risultato sia nell’europeo che nel mondiale e a dominare la classe ma senza mai avere quegli acuti da consacrarla tra le regine della specialità. Emblematico il Safari del 1983 dove Sandro Munari porta in gara una Alfetta GTV6 2.5L Gruppo2 gestita dalla storica Autodelta tenendo il passo dei primi fino alla rottura dello spinterogeno nella seconda tappa. Dimostrazione che in casa Alfa sapevano il fatto loro anche nei rally.
Per quanto riguarda la Sauber il tutto nasce con la C1, vettura studiata per le cronoscalate perché in Svizzera le restanti manifestazioni automobilistiche furono bandite in seguito al disastro di Le Mans del 1955. L’auto vinse il campionato nazionale nel 1970 con il suo fondatore Peter Sauber e nel ’74 con Friederich Hürzeler.
Aston Martin
Persino l’auto di James Bond ha avuto un passato nei rally e molto più recente di quello che si pensi. Le prime apparizioni dell’Aston Martin sono riconducibili tra la fine degli anni ’50 e l’inizio degli anni ’60 con qualche sporadico rally come il Monte-Carlo e principalmente portata in gara da qualche gentleman o Signore dell’epoca. La notizia che fece più scalpore però fu l’avvistamento di una V8 Vantage preparata secondo il regolamento R-GT. L’auto era di proprietà della finlandese Makela Auto Tuning e partecipò all’Arctic Lapland Rallye nel 2015 per poi essere portata nel Sud della Francia nel 2017 e testata nientemeno che da François Delocour. Il progetto, tuttavia, non ha avuto alcun seguito. Peccato!
Haas
Più che della Haas in questo caso bisogna parlare del suo Team Principal Günther Steiner. Il manager altoatesino, infatti, inizia la sua carriera nei rally come meccanico per la Mazda Europe in Belgio sulla piccola 323 4WD Turbo. In seguito, verrà assunto dalla Jolly Club nei panni di ingegnere e nel ’96 si trasferirà in Subaru alla Prodrive. Da lì passerà alla M-Sport diventando direttore dell’ingegneria con piloti del calibro di Carlos Sainz e Colin McRae. Negli anni a seguire rimarrà in Inghilterra prima alla Jaguar in F1 poi alla Opel nel DTM. Quando la RedBull acquisterà la Jaguar Steiner tornerà in Formula 1 come direttore tecnico nel 2005 ma verrà sostituito da Adrian Newey già l’anno seguente. Da qui si trasferirà negli Stati Uniti per seguire il team Haas prima nella NASCAR per poi portare la squadra in Formula 1 nel 2016.
Ferrari
La casa di Maranello, oltre a donare il famoso V6 Dino alla mitica Stratos, ha progettato anche una propria vettura da rally. Il contributo maggiore e l’idea inziale furono dell’officina Michelotto. Nel 1975 Michelotto riesce ad omologare una prima versione della 308 GTB per il Gruppo4. L’auto verrà poi omologata anche per il Gruppo B e riuscirà a ottenere risultati di tutto rilievo nei rally nazionali e internazionali. La prima vittoria arriva a Monza nel 1979 con nientemeno che il mitico “Lele” Pinto. Nel biennio 1981/82 Jean-Claude Andruet conquista il Tour de France e sempre nell’ ’82 Tognana vince il Campionato Italiano Rally. Il 1982 sembra essere l’anno di gloria per la 308 GTB che riesce a piazzare una vittoria alla Targa Florio e addirittura un clamoroso secondo posto, con il solito Andruet, al Tour de Corse valido per il mondiale. Michelotto, aiutato da Ferrari, costruirà anche un prototipo per il Gruppo B: la 308 GT/M ma l’auto prenderà parte solo a qualche rally belga e nuovamente al Rally di Monza con Pinto. Il Gruppo B non è solo rally e quindi il cavallino rampante deciderà di produrre una 288 GTO seguendo il regolamento dell’epoca. L’ambizione era quella di creare un’auto per i rally nazionali e internazionali con specifiche per l’asfalto e gettare le basi per la “Evoluzione” che doveva partecipare a gare su pista. La messa al bando del Gruppo B tarpò le ali al progetto ma gli studi fatti furono la base di partenza per il programma F40.
Curiosità: un motore V6 Dino fu adottato anche dalla Fiat Campagnola che partecipò alla Dakar nei primi anni ’80!
McLaren
Il team di Woking non ha mai costruito un mezzo adatto a competere negli sterrati attorno al mondo…finora. Da quest’anno infatti la McLaren parteciperà all’Extreme E per sviluppare e studiare le tecnologie dell’elettrico. Al volante ci saranno il campione americano Tanner Fous, protagonista nel Nitro Rallycross e nel Rallycross nonché vincitore degli X Games nel 2010, e la neozelandese Emma Gilmour, tre volte vicecampionessa nazionale di rally.
Mercedes
La casa di Stoccarda non è nuova al mondo dei rally. Si risale fino al 1955 per i primi risultati di rilievo quando il tedesco Hanns Gerdum porta una 220 al terzo posto nel Monte-Carlo e l’olandese Hans Tak vince al Rally Tulpenrallye con la 300 SL. Quell’anno arriva anche la vittoria del primo campionato europeo con Werner Engel seguito nei due anni seguenti da Walter Schock prima con la 300 SL e in seguito con la 220 SE. Proprio con la 220 SE, Schock, vincerà il Rally di Monte-Carlo. Nel 1962 la casa della stella mette un altro titolo europeo in bacheca con Eugen Böhringer e la 300 SE. Sarà solo nel 1978 che a Stoccarda si deciderà di entrare nel mondiale e nel ’79 arriva il primo podio al Safari con Hannu Mikkola e la prima vittoria irridata al Costa d’Avorio. La Mercedes 450 SLC impiegata nel mondiale brilla nelle gare di resistenza ma fatica nei rally più tradizionali, così la casa della Stella decide di preparare un’auto ancora più potente: la 500 SLC. Quest’ultima regalerà ancora qualche podio ai tedeschi e una clamorosa doppietta al Costa d’Avorio nonostante ciò la Mercedes deciderà di ritirarsi dal mondiale rally e appiedare nientemeno che il campione del mondo Walter Röhrl e Ari Vatanen.
La Mercedes saprà distinguersi nei rally più massacranti e duri del globo come la terribile Londra-Sidney del 1977 vinta da Andrew Cowan a bordo di una 280 SE, oppure la Paris-Dakar del 1980 con il leggendario Jacky Ickx e la 280 GE.
Menzione speciale per la 190 E 2.3-16, mai seguita ufficialmente dalla casa madre, ma che per mano di diversi privati a corso in tutta Europa con molti piloti, tra cui anche Didier Auriol.
Red Bull, Alpha Tauri
Gli austriaci, apparentemente, sono sempre stati fuori dal mondiale rally se non come sponsor. In realtà il legame che c’è con il WRC è molto più profondo di quello che si crede perché la WRC Promoter, cioè la società che gestisce i diritti, la commercializzazione e la messa in onda del campionato del mondo, è proprietà della Red Bull. La stessa società, inoltre, gestisce sia l’Europeo che il Rallycross. Non è un caso infatti che la presentazione ufficiale del WRC quest’anno sia stata fatta proprio all’Hangar-7 di Salisburgo della Red Bull. Praticamente se riusciamo ad avere una copertura mediatico di buon livello del mondiale rally è merito proprio dei “bibitari” austriaci!
Williams
Anche la Williams non è mai stata coinvolta direttamente nei rally ma come dimenticare la piccola tutto pepe di casa Renault? È vero, quello che c’è stato tra le due case per la creazione della Clio Williams non è una collaborazione a stretto contatto per sviluppare un nuovo modello, però il risultato e il successo sono stati incredibili. La Renault, che in quegli anni equipaggia la Williams F1 con i propri V10, intravede in questa mossa di marketing un’occasione d’oro per farsi pubblicità. Nasce così nel 1993, quella che diverrà per tutti gli appassionati un’icona senza tempo del mondo dei rally, la Clio Williams. L’idea era quella di produrre le 2500 unità per l’omologazione nel Gruppo A e nel Gruppo N. Le richieste però sono alte e la produzione finale delle tre versioni di Clio sarà di 12100 esemplari. Un’esemplare che farà scuola e che per molti sarà l’auto del primo rally. Semplicemente un mito!