Rally GB 2001 – Richard Burns e l’intervento in parco chiuso che salvó il mondiale
La Subaru dell'inglese non voleva saperne di rimettersi in moto, ma Richard riuscì a risolvere la situazione
Nel motorsport, si sa, l’imprevisto è sempre dietro l’angolo. Basta un attimo per rovinare una prestazione brillante, un secondo per mandare tutto all’aria, un episodio per rovinare una gara, o addirittura un mondiale.
Anche se nell’era moderna le rotture meccaniche si sono ormai ridotte al lumicino, capita ancora che il mezzo meccanico si metta a fare le bizze, lasciando pilota o equipaggio impotenti e sconsolati di fronte all’inevitabile. Nei rally, ad esempio, tutto questo si manifesta ancora oggi con maggiore frequenza rispetto alla F1 ad esempio, dato lo stress meccanico a cui le vetture vengono sottoposte.
Il problema meccanico, la rottura e il conseguente ritiro, resta probabilmente tra le cose più temute dai piloti, visto che sfugge al loro controllo. Parliamo di rotture del motore, dell’idroguida, del motorino di avviamento, cose che poco o nulla hanno a che fare con un errore del pilota insomma.
Proprio nell’ultima gara in Spagna Thierry Neuville è stato protagonista di un episodio che poteva costargli la vittoria. La sua Hyundai i20 non voleva saperne di andare in moto all’uscita dell’ultimo riordino prima dell’ultima prova speciale. La situazione si è risolta per fortuna con una spintarella del navigatore che ha aiutato Neuville a ripartire, ma la situazione poteva essere compromessa.
L’obbligo di vincere
L’episodio di Neuville ci ha subito riportato a quanto capitato a Tanak in Sardegna nel 2019 ad esempio, dove le conseguenze furono ben peggiori. Tornando ancora più indietro è impossibile non pensare a Carlos Sainz e al disastro di Mallory Park, dove lo spagnolo ci lasciò addirittura il mondiale. Colin McRae perse il Monte nel 2001 proprio in vista del traguardo, e si potrebbero tirare fuori mille altri ricordi.
Dal limite del baratro si può cadere, o ci si può salvare con un colpo di reni come capitato, questa volta, a Neuville. Una situazione simile capitò anche a Richard Burns nel 2001, e l’inglese, quella volta, rischiò di farsi sfuggire addirittura il titolo mondiale.
Con Colin McRae fuori gioco già alla quarta prova speciale, a Richard bastava un quarto posto per laurearsi campione del mondo, ma la pressione a cui fu sottoposto praticamente per tutta la gara fu enorme. Richard doveva solo arrivare. Fra i primi quattro, vero, ma doveva “solo” arrivare. La cosa però, dipendendo solo da lui e non più anche dal passo di McRae, gli riversò addosso l’obbligo di vincere. In realtà dipendeva da lui, ma anche dalla sua Subaru, parlando di affidabilità, e tutto questo per tre lunghissimi giorni.
Ad un passo dal baratro
Il fatto che i suoi due principali avversari fossero fuori gioco contribuì in realtà a rilassare Burns, come ammette lui stesso nella sua autobiografia, ma proprio questo rischiava di essere fatale, e Richard lo sapeva. Avrebbe potuto farcela solo se avesse continuato a spingere come se nulla fosse accaduto.
Burns veniva da tre vittorie di fila in Gran Bretagna, aveva familiarità con il percorso, aveva già guidato in quelle condizioni di pioggia e fango, cosa poteva andare storto? Un sacco di cose, in realtà.
Alle 7 del mattino della seconda giornata di gara la Subaru Impreza dell’inglese materializzò una delle mille cose che sarebbero potute andare male: la macchina non voleva saperne di andare in moto. Al secondo tentativo fallito Richard capì che gli restava solo una cosa da fare per salvare gara e mondiale: cambiare le candele.
Mi sentivo come isolato dentro una bolla. Se mi fossi seduto a pensare a cosa sarebbe successo se fossi rimasto lì piantato mentre tutte le altre macchine uscivano dal parco chiuso, mi sarei disintegrato. Non so cosa stessero pensando le persone che mi guardavano mentre mi affannavo. So solo che ero alla radio urlando a Robert di passarmi questo o quello. Mi sentivo solo.
Poi Robert prese il telefono e cominciò ad elencarmi tutto quello che i meccanici gli dicevano dal parco assistenza, mentre io eseguivo. Continuavo a ripetermi che si trattava solo di un altro test. Avevo già cambiato le candele in fabbrica, ma mai durante un rally. Non fu difficile in realtà, ma dovetti togliere tutta l’aspirazione, e quindi fu molto laborioso.
Appena riuscimmo a far ripartire la macchina partì un grande applauso dalla folla, che fino a quel momento era rimasta in silenzio.
Burns riuscì a timbrare comunque in orario nonostante tutto, ma i contrattempi non erano ancora finiti. Provando ad uscire dall’ultimo service di giornata la Subaru tornò a restare muta all’accensione. Si era rotto il motorino di avviamento. La sostituzione fu immediata, ma per precauzione i meccanici sostituirono anche l’interruttore principale e quello dello starter. Per farlo fu smontata metà della plancia, e per non tardare troppo al controllo orario Richard ripartì con la plancia a penzoloni sulla pedaliera. Pagò 10 secondi di penalità e dovette poi fermarsi in trasferimento per fissare il tutto, ma il peggio era passato.
Il giorno seguente andò poi tutto per il meglio. Nessun contrattempo, solo la tensione di arrivare finalmente in fondo. Ultimo allungo, ecco il fine prova, è fatta. Il braccio destro che si alza, e poi quell’esclamazione:
You are the best in the world!
Anche tu lo sei stato, Richard.
Credit: Driving ambition – Richard Burns
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