Il rally in circuito può riuscire dove le prove cittadine hanno fallito?
I feedback su ACI Rally Monza accendono il dibattito su una possibilità per i rally di domani
Ho fatto di tutto per esserci. Ghiotta era l’occasione di veder chiudere il WRC a casa nostra ed altrettanta era la curiosità di “toccare” con mano questo primo (ed inevitabile) tentativo di Fia e Promoter di portare i rally dentro un circuito, affidandosi all’organizzazione di ACI.
Complici condizioni meteo piuttosto insidiose (usare il termine inaspettate sarebbe del tutto improprio), ne è uscito un weekend avvincente e ricco di colpi di scena che ha inevitabilmente fatto pensare che sì, la ricetta può funzionare, scatenando l’inevitabile reazione dei puristi della categoria.
Dopo ormai qualche giorno dalla conclusione e con le macchine ripulite dal fango, voglio cercare di analizzare con lucidità un’opportunità concreta che, prima di essere promossa o bocciata, a mio avviso va analizzata con più tempo a disposizione e messa in comparazione con la soluzione finora adottata per cercare di “portare più pubblico ai rally”.
La certezza: i rally hanno bisogno di nuova linfa senza perdere la propria natura
Aldilà dell’adattamento dei regolamenti in parallelo costante con il mercato dell’auto, i rally hanno bisogno di trovare soluzioni interessanti che li rendano appetibili agli occhi delle case automobilistiche. Quello che oggi viene offerto è un contenitore di marketing stanco, che interessa ad un numero importante ma comunque limitato di pubblico e di fatto sempre meno interessante per chi di marketing avrà sempre bisogno e dispone di numerose alternative pret-a-porter.
Il rapporto costi/ritorni si mantiene sempre molto sbilanciato, la tanto agognata visibilità viene costruita con grande fatica e quel pubblico generalista che compone la massa con cui fare numeri da rivendere continua ad essere molto più attratta da altre discipline motoristiche o da palloni rotolanti.
Cosa potrebbe funzionare in circuito
Aspetto sportivo
Con i dovuti accorgimenti e bilanciando le proporzioni tra le giornate in autodromo e fuori, può essere gara vera anche quando si sta in autodromo. Lo hanno dimostrato i chilometraggi ottenuti, un ridotto (ma migliorabile) apporto di ostacoli e strumenti artificiali che sono spesso abusati (anche pericolosamente) nelle street stage ed un livello di imprevedibilità che si confà (e si richiede) ad una gara di rally. Speciali con tutti i crismi del caso e non “momenti simpatici di rally” che fanno da introduzione alla gara vera.
Logistica
L’organizzazione di Monza dimostra in modo chiaro che tutta la logistica necessaria per “muovere” un rally ne esce facilitata. Strutture adatte ad accogliere team e concentrate in poco spazio rendono tutto molto organizzato e facilmente fruibile e se il percorso è studiato per non allontanarsi troppo, il circuito diventa una sorta di hub in cui concentrare anche tutto ciò che è collaterale ad una gara e che interessa soprattutto agli investitori. Spazi adatti, pochi adattamenti per quella che, di fatto, è una struttura costruita e pensata per accogliere eventi motoristici. Se aggiungiamo la fortuna di avere prove speciali di livello a poca distanza (ma questo non va dato per scontato), anche l’aspetto dei trasferimenti talvolta troppo lunghi ne esce rinforzato.
Infine, da non trascurare, gli autodromi hanno dalla loro i collegamenti e quindi la facilità di essere raggiungibili dalle principali arterie stradali.
Sicurezza
L’edizione 2020 di Monza non fa testo vista la totale assenza di pubblico (il video sotto dimostra come realmente non ci fosse nessuno oltre a team e stampa dentro l’autodromo) ma la percezione è che una gara che prevede dei momenti in circuito offra degli standard di sicurezza molto elevati ad una gara. Gli accessi alle prove speciali sono limitati a start, stop e qualche intersezione ed è facile quindi pensare che la gestione di un eventuale pubblico potrebbe essere più semplice e con meno dispendio di energie/risorse.
Nelle prove cittadine è spesso difficile contenere le persone ed evitare che si piazzino in posti pericolosi.
Contenuti
Ok, il maltempo ha aiutato ed aumentato il livello di spettacolarità delle immagini ma, riguardando le immagini su WRC All Live, è inevitabile osservare come si sia riusciti ad elevare il livello di contenuti generabili e come alcuni punti nevralgici (Parabolica e Porta del Serraglio su tutti) siano stati sfruttati per cercare di ottenere una resa quanto più scenografica possibile. In questo senso ne giova la produzione di materiale foto e video “commerciali” che strizzano l’occhio più facilmente a quel pubblico generalista che si vorrebbe andare ad incrociare. Al purista probabilmente piacerà meno ma i reparti marketing delle diverse aziende costruttrici potrebbero farsene una ragione. Questo è fattibile anche in città, ovviamente, ma con grosse carenze dal punto di vista racing.
Servizi collaterali
Passeggiando per l’autodromo tra una prova e l’altra ho provato ad immaginare un service park di rally con aggiunta di pubblico in quel contesto. È evidentemente una struttura pronta ad accogliere persone che vogliono assistere ad uno spettacolo, con tutti quei servizi (banalmente i WC) che possono “facilitare” la decisione di voler provare ad assaggiare un rally per la prima volta e che potrebbero facilitare la ricerca di nuovi centri di ricavo per un mondo che di ricavi fa tanta fatica a trovarne. In questo senso il Rally Village al Legend ha dimostrato in modo chiaro quanto sia importante un nucleo nel cuore della gara dove alimentare la passione e il desiderio di portarsi a casa qualcosa dell’evento a cui si è preso parte.
Cosa manca al circuito che la città garantisce
Scenografia
Per quanto si possa ragionare sui contenuti e la loro spettacolarità, un autodromo è comunque un posto chiuso in cui si perde la bellezza degli spazi aperti e della magia che alcune città sono state in grado di offrire. Pensiamo ad alcuni scorci e i tunnel sotterranei del Rally del Mexico che ogni anno regalano immagini incredibili oppure la partenza del Rally di Roma Capitale e le sue autentiche cartoline nel cuore della Città Eterna. A volte per andare a cercare certe situazioni si rischia di complicare lo scorrimento della gara ma è innegabile che sia un modo interessante di abbracciare un pubblico più vasto (anche se spesso non così interessato come si potrebbe pensare).
Continuità
Entrare ed uscire da un autodromo è attività inusuale per una gara di rally che è fatta anche di scorrimento e di caratteristiche legate alle corse di regolarità. Il centro città permette di restare nella natura di una gara molto di più e senza tempi morti o forzature tecniche (a Monza era presente un ovale dedicato al riscaldamento gomme, ad esempio).
Contatto col pubblico
Il punto di maggior forza è sicuramente questo. La prova cittadina permette alle persone di immergersi nel clima dei rally, di “toccare con mano” le auto. In autodromo per alcuni tratti si è dietro a delle reti (si vede bene nel video sopra) e si va un po’ a perdere quella vicinanza col pubblico che solo i rally riescono a mantenere rispetto a tutti gli altri sport a quattro ruote.
Abbiamo quindi trovato la ricetta per i rally del futuro?
Difficile dirlo con una sola gara alle spalle ed organizzata in un periodo complesso ma risolve di default la gestione del pubblico. Di certo abbiamo visto che ci sono aspetti interessanti e che possono portare innovazioni utili e funzionali alla modernizzazione di uno sport che non può restare ancorato a dettami figli di epoche diverse.
Sarà tuttavia importante ricordarsi che si sta parlando di rally, uno sport con tratti somatici unici che non possono essere stravolti (sarebbe Rallycross a quel punto) ma, a mio avviso, non ci sarebbe da scandalizzarsi se altre nazioni con autodromi di livello opteranno per cercare di inserire un giorno al chiuso. A patto che sia uno solo e poi si torni tra la natura e in mezzo alla gente, come giusto che sia.