Mal d’Dakar: le avventure dei piloti di rally tra le dune
Il fascino della maratona africana ha colpito tutti. Anche quelli che di adrenalina ne avevano avuta nei Gruppi B
Ci sono strani animali in Africa. Non sono solamente confinati tra le giungle e foreste della parte più nera del continente: anche i deserti e le savane sono popolati di specie diverse. Anche animali migratori, provenienti dall’Europa: animali che una volta messo piede in Mauritania, Ciad, Mali, non ci hanno pensato due volte a tornarci anno dopo anno. E’ la specie dei piloti di rally. Andiamo a conoscere in dettaglio questa strana specie:
I Leoni finnici (Vatanen – KKK)
E’ il 1986. Dopo la tragedia di Toivonen e di Bettega l’anno precedente, la FIA bandisce le Gruppo B dal Mondiale. Le case costruttrici si ritrovano con dei prototipi inutilizzabili: Audi porta Walter Rohrl alla cronoscalata Pikes Peak in USA, ma eventi spot di questo genere non possono portare l’attenzione mediatica necessaria.
Il Leone rampante invece, decide che l’unica possibilità è nella Parigi-Dakar, famosissima competizione unica nel suo genere, organizzata dai francesi come pure gli interessi dell’Africa subsahariana sono fortemente transalpini. La 205 T16 Grand Raid stravolge la versione da rally: 33 centimetri in più di passo (34 di aumento della lunghezza complessiva) per affrontare meglio le dune, serbatoi portati da 11o a 400 litri e potenza ridotta a 380 CV per aumentarne l’affidabilità.
I piloti sono di primissimo ordine: Ari Vatanen in coppia con Bernard Giroux, Juha Kankkunen con a fianco il fido Juha Piironen ed il mitico Shektar Mehta, mattatore del Safari.
Inizia così uno dei periodi di dominio di Peugeot nel rally-raid: Ari Vatanen infatti trionfa nel 1987, mentre ‘KKK’ nel 1988.
Sopravvivere ed essere vivo dopo il mio incidente in Argentina, e poter iniziare la Parigi-Dakar un anno e mezzo dopo è stato qualcosa che non potevo credere potesse più accadere
dirà Vatanen anni dopo, ricordando il botto pauroso del 1985 nelle velocissime pampas.
La cavalcata del felino francese continuerà poi nel 1989 e nel 1990 sempre con Vatanen a trionfare con la 405 T16 come nuova arma di Velizy.
El Matador (Carlos Sainz)
Tre volte vincitore, il madrileno più veloce al mondo, Carlos Sainz, è riuscito ad addolcire il toro Dakar anche quando le primavere scritte sulla carta d’identità erano numerose. A 57 anni infatti diventa il terzo pilota con più vittorie nella categoria auto. Dopo i titoli nel WRC, lo spagnolo è dovuto andare in cerca della sabbia per cercare nuova adrenalina e nuovi trionfi:
Ovviamente, la Dakar è una grande sfida. E’ una gara che bisogna rispettare e per la quale bisogna prepararsi molto, soprattutto se si è un veterano come me. Amo la competizione, amo vincere e questa è una grande battaglia, dove spingi il tuo corpo e il tuo cervello al limite. Il fatto di gareggiare per 12 giorni su tappe di oltre 500 km ne fa un evento speciale per tutti.
Scorpioni italiani (Biasion – Cinotto)
Ovvero non solo Miki Biasion e l’Abarth, ma anche i Cinotto e l’Iveco. Il tricolore viene difeso degnamente dai nostri connazionali nel deserto. Miki inizia alla fine degli anni Novanta, dopo aver detto addio a sir Malcolm Wilson ed alla sua Escort: la nostalgia dei motori è tanta e così convince Iveco a dargli supporto per un EuroCargo da portare da Parigi fin nelle steppe russe dove sarà secondo.
Alterna Dakar con i camion ad altre edizioni con auto, Mitsubishi prima e Fiat Panda poi: con la piccola torinese riesce a dimostrare che la piccola utilitaria riesce sormontare ostacoli impensabili. I Cinotto, canavesi doc, vengono trainati da Michele: il signor Audi Sport Italia, buon piede con le Quattro nei rally, da anni partecipa da privatissimo nella kermesse dakariota: dopo camion e auto, nel 2020 il piemontese ha assaggiato anche la categoria side-by-side.
Il “Cannibale” Loeb nel deserto
Turismo, F1, Le Mans, Pikes Peak, Rallycross. A Sebastien Loeb manca solo la NASCAR e la 500 Miglia di Indianapolis per avere la certezza di aver corso praticamente con qualsiasi mezzo ed in ogni dove. L’avventura tra le dune col fido Daniel Elena gli è andata (ad oggi) indigesta: 15 tratti cronomerati vinti ma mai una seria ipoteca sulla vittoria finale, vuoi per noie o per fallosi incidenti.
L’ultimo tentativo nel 2019, da privato contro gli ufficiali Mini e Toyota.
Perchè? Perchè questa è l’infezione da Dakar. Torni sempre al palco di partenza.
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1 Commento
Gian
Articolo largamente incompleto… Peccato, una occasione persa.
Hirvonen, Prokop, la triste storia di Therier, Saby, , etc…