Dakar 2020: Il percorso di gara
Ci siamo: manca meno di una settimana alla partenza della Dakar 2020, è finalmente ora di parlare del percorso
Una Dakar tutta nuova che dal Sud America si è trasferita nel Regno dell’Arabia Saudita, alla ricerca di un ritorno alle origini e alla ricerca di quegli investimenti necessari alla sua sopravvivenza.
Nel nostro avvicinamento alla gara, abbiamo utilizzato un approccio non convenzionale, partendo da un veterano come Juknevicius, passando per i nostri 2 Italiani Schiumarini e Gaspari per arrivare al rookie di lusso Fernando Alonso. Tuttavia, fin ora, avevamo tralasciato il tracciato.
Avrete pensato che ce ne siamo dimenticati, o che ci siamo bevuti il cervello. In realtà stavamo aspettando che il percorso fosse ufficializzato e stavamo aspettando di andare a vedere le dune saudite con i nostri occhi.
Esatto, ci siamo andati di persona, ma ne parleremo dopo!
Andiamo con ordine, partiamo dai dati generali: 7.500km, di cui oltre 5.000 di prove cronometrate sono un bel biglietto da visita per questa competizione che si snoderà tra la stupenda “Miami” saudita, Jeddah, fino ad arrivare dove sorgerà la città dei divertimenti più grande del mondo a Qiddiya, passando per la capitale, Riyadh.
Le prove promettono di essere tutte abbastanza variegate, con molta sabbia e, tra le più selettive, sicuramente sono da segnalare la prima da Jeddah a Al Wajh, dove la vicinanza al mare metterà al riparo dai problemi di navigazione, ma il terreno, per ampi tratti pietroso, chiederà pegno a tutti i piloti che non partiranno con la necessaria cautela.
Successivamente sarà da tenere sott’occhio la quarta prova, quella da Neom a Al-‘Ula. Si tratta di una prova lunga e veloce dove l’alternarsi dei fondi e degli scenari potrebbe condurre all’errore gli equipaggi, chiamati anche a spremere la massima velocità dai loro mezzi. Da segnalare il passaggio vicinissimo ai templi Nabatei: antichi templi scavati nella roccia come la più celebre Petra in Giordania. Questa ambientazione non aggiungerà niente alla corsa dal punto agonistico, ma sono sicuro che video e foto si sprecheranno!
Secondo i locals sarà poi la sesta prova a determinare i cambi di classifica. La tappa da Ha’il a Riyadh, oltre ad essere piuttosto lunga con i suoi 478km cronometrati sarà anche l’ultima prima del giorno di pausa. Con la stanchezza inizia a rallentare le percezioni, gli equipaggi si troveranno a dover affrontare una prova quasi completamente su sabbia e dune. Secondo gli organizzatori, di cui non abbiamo ragione di dubitare, ci saranno molte dune di impronta sahariana, ma, quando abbiamo visitato due piccoli tratti nei pressi della prova, abbiamo trovato una sabbia molto compatta che veniva affrontata in scioltezza dai grossi fuoristrada Toyota, Lexus o GMC che vanno per la maggiore da quelle parti.
Ci sarà poi il giorno di riposo e poi la carovana si dirigerà a sud-ovest, per la tappa più lunga della gara, la Riyadh – Wadi Al Dawasir: 546km che però, dal punto di vista strettamente tecnico non dovrebbero rappresentare un problema. Certo che, su una distanza così lunga, l’errore, di guida o di navigazione, è sempre in agguato.
Dopo alcune prove di difficoltà intermedia, la gara punterà verso quello che viene chiamato “Empty Quarter”. Il quadrante sud-est dell’Arabia Saudita è disabitato per grandissime porzioni, ma è una parte della nazione molto importante: è li che viene estratto la maggior parte del petrolio saudita e quindi, del mondo. Il legame tra sauditi e petrolio è fortissimo, volendo fare un paragone è come quello che abbiamo noi italiani con i nostri monumenti più importanti o con le nostre bellezze naturali. Per darvi un’idea, nella prima e nell’ultima sala del museo nazionale di Riyadh, si parla di quello! (un po’ come se ci fosse una botte di vino nell’ultima stanza degli Uffizi!).
Tutte le prove nell’ Empty quarter sono da considerarsi potenzialmente molto selettive ma, a questo punto, ci troveremo bel oltre la metà gara per cui è probabile che la classifica si sia già allungata e che le posizioni siano consolidate, dando così la possibilità agli equipaggi di mantenere un margine di sicurezza più alto.
Ovviamente si tratta di congetture, in quanto poche gare sono imprevedibili quanto la Dakar!
La gara si concluderà con l’ultima prova che arriverà a Qiddiya, con gli ultimi 20km in cui si svolgerà una specie di gara sprint, non valida per la classifica finale, ma che assegnerà il trofeo dedicato all’omonima località.
I sauditi contano molto sulla Dakar per continuare a avvicinarsi all’occidente e non è un caso che la gara vada a toccare tutti i punti nevralgici della nazione: Jeddah: la capitale commerciale, Neom (dove nascerà dal nulla una metropoli dedicata al business), i templi Nabatei, la gigantesca capitale Riyadh, l’Empty Quarter con il suo petrolio e, infine, Qiddiya appunto, dove stanno per costruire un “amusement park” di 334km quadrati (tre volte la superfice del comune di Firenze!), che conterrà, tra le altre cose, anche un autodromo in grado di ospitare la F1.
Una delle insidie che si troveranno ad affrontare tutte le squadre sarà il fattore linguistico: a Riyadh tutti i cartelli sono bilingue (arabo e inglese) ma una volta superati i checkpoint che delimitano la capitale (si… ci sono i checkpoint con le guardie armate), l’inglese sparisce sia dai cartelli che dalle lingue parlate dalla popolazione locale, con tutto quello che potrebbe comportare per un equipaggio che, per esempio, si trovasse nella necessità di cercare assistenza.
Un altro problema in cui personalmente ci siamo imbattuti, è quello della mancanza di abitudine alla mondanità e agli stranieri. Considerate che fino ad ottobre l’Arabia Saudita era un paese praticamente non visitabile dagli stranieri non musulmani. Fino a non molto tempo fa le arti e la musica stessa erano per lo più proibite per cui, sebbene abbiano avviato un percorso di sviluppo notevole, sono un po’ acerbi in certi aspetti, soprattutto organizzativi.
Ma non pensate nemmeno per un attimo che sia un paese inospitale, anzi, l’ospitalità, la gentilezza e la generosità sono qualità che non fanno difetto a questo popolo, e, se c’è un problema, chiunque è pronto a mettersi a disposizione anche di stranieri sconosciuti.
Mi sono dilungato un po’ e, lo ammetto, sono andato fuori tema. La mia professoressa di italiano del liceo, severissima, sicuramente non me lo perdonerebbe e bollerebbe il testo con un bel 4. Ma credo che non si possa apprezzare a pieno una gara come la Dakar, se non ci si immerge almeno un po’ nella cultura locale, soprattutto quando si parla di un paese così poco conosciuto come l’Arabia Saudita. E poi dubito che la mia prof di italiano legga Rallyssimo!
Si conclude cosi la prima parte della presentazione della gara, che riprenderemo domani con gli equipaggi favoriti, le potenziali sorprese e gli “underdog” per cui, non mancate.
Foto Credits
Rallyssimo
A.S.O.
A.S.O./DPPI/M. de Mattia