Dakar 2020: gli italiani in gara nella categoria auto
Abbiamo intervistato i due piloti che difenderanno i nostri colori nella prossima Dakar
Dopo avervi presentato la gara con gli occhi del veterano Antanas Juknevicius, continuiamo con il nostro percorso di avvicinamento alla Dakar 2020 presentandovi questa volta i 2 equipaggi italiani che parteciperanno alla gara il prossimo gennaio. Entrambi sotto l’egida della R Team di Massarosa ed entrambi alla guida di una Mitsubishi Pajero, ci hanno parlato delle loro esperienze e di cosa si aspettano dalla maratona saudita.
Iniziamo in ordine di esperienza con Andrea Schiumarini, classe 1981 e alla sua seconda esperienza dopo il 54° posto raccolto l’anno scorso in Perù (al contrario il suo navigatore Enrico Gaspari è alla prima esperienza).
Ciao Andrea, grazie per averci concesso un po’ del tuo tempo in questi giorni di febbrili preparativi prima delle verifiche a Marsiglia. Sei alla tua seconda esperienza, puoi parlarci della tua “prima volta”, della tua Dakar dell’anno scorso e delle differenze di approccio rispetto a quest’anno?
Ciao a tutti gli appassionati di Rallyssimo e grazie a voi per l’interessamento a questa nostra avventura. L’anno scorso era tutto nuovo e, onestamente, non sapevo davvero cosa mi sarei trovato davanti, per cui ho cercato di ascoltare tutti i consigli dei piloti più esperti e ognuno aveva ovviamente la sua opinione. Alla fine devo dire che alcuni di questi consigli sono stati utili e li ho potuti utilizzare in gara mentre in molti altri casi abbiamo dovuto improvvisare e inventarci soluzioni sul momento. Quest’anno ho già un mio bagaglio di esperienza che spero mi aiuterà a farmi trovare pronto. Per il resto, ovviamente, la parte logistica e l’approccio in generale è molto più facile alla seconda partecipazione.
A proposito dell’approccio, che ne pensi di questa nuova veste della Dakar in Arabia Saudita: hai una idea di quello che troverai sul percorso e cosa pensi che possa essere diverso rispetto al Perù?
Intanto, per quanto riguarda il percorso, posso dire ben poco perché non ne sappiamo quasi niente e per giunta continuano a cambiare l’itinerario. Non so se è per ragioni organizzative o per lasciare un po’ di suspense, ma comunque è una condizione uguale per tutti per cui la prendiamo per quella che è. Quello che temo sia diverso è l’approccio del pubblico sul percorso. Mi spiego meglio: l’anno scorso in Perù abbiamo trovato un grandissimo calore umano da parte del pubblico, per dirtene una c’erano gruppi di fuoristradisti che aspettavano anche fino a tarda notte il passaggio degli equipaggi e comunque c’era sempre un’accoglienza fantastica. In Arabia Saudita non so cosa aspettarmi, sai è una nazione che fino a pochi mesi fa non si poteva neanche visitare facilmente e, non essendo abituati a vedere stranieri, non so se sono pronti ad accogliere con lo stesso entusiasmo la carovana della Dakar. Poi c’è il problema della lingua: in Africa occidentale te la cavi con il francese, in Sud America vai benissimo con lo spagnolo, ma in Arabia Saudita che fai?
Invece, cambiando argomento, cosa puoi dirci della tua auto di quest’anno?
Quest’anno corriamo con una Mitsubishi Pajero “WRC” modificata da R Team. Si tratta di una Pajero passo lungo accorciato e privato di tutto lo sbalzo posteriore. Rispetto al Ford Raptor dell’anno scorso è una macchina più leggera (il Raptor arrivava alle 4 tonnellate!) e più agile. Chiaramente essendo un T1, assicura anche più semplicità e prestazioni. Abbiamo recentemente fatto una gara test in Turchia (il Baja Troia Turkey, ndr) e la macchina si è dimostrata molto performante e ci ha permesso di conquistare il secondo posto tra le auto.
Qual è, secondo te, lo spirito della Dakar e in cosa si distingue dalle altre gare?
Guarda è molto diverso da quello che si vede in pista o anche nei rally. È anche una gara a cronometro, ma è soprattutto una gara di “sopravvivenza”, per cui lo spirito di collaborazione tra i piloti è altissimo e se ti fermi tutti quelli che passano dopo si fermano a chiederti se ti serve aiuto. In sostanza si compete ma ci si aiuta per arrivare all’obiettivo finale di vedere il traguardo (anche se, a livello personale, spero di migliorare il 54° posto dell’anno scorso).
Come concili la tua professione di imprenditore con la preparazione alla Dakar?
Ah, bella domanda. All’inizio ero preoccupato perché la gara dura quasi un mese tra tutto per cui sai, pensavo, un mese intero è tanto. Poi in realtà mi sono accorto che la preparazione dura un anno intero! Certo, ti ci dedichi compatibilmente con il tempo che hai a disposizione, ma è un impegno continuo.
Ma ti voglio dire un’altra cosa: l’anno scorso, sull’ultima prova, quando ho visto l’arrivo, da un lato ero felice per essere riuscito a finire, ma dall’altro mi dispiaceva che fosse finita e ero già proiettato a pensare all’edizione di quest’anno.
La voce di Andrea tradisce la gioia e l’emozione per essere quasi arrivati al momento di partire e noi ovviamente lo seguiremo e faremo il tifo per lui, come per Marco Carrara, che è invece alla sua prima esperienza, insieme con Maurizio Dominella, sulla seconda Mitsu di R Team.
Ciao Marco, raccontaci di questa tua prima volta, come è nata l’idea e come ti stai preparando a questa durissima sfida.
Ciao a tutti voi! Si sono alla prima esperienza ed è nato tutto un po’ così, quasi per gioco, parlando con gli amici che corrono ormai da diversi anni con il camion della Italtrans. Ad un certo punto mi hanno detto “dai Marco, tu sei un pilota e un appassionato: devi venire a fare la Dakar”. Allora da li è partita l’idea che poi ho finalizzato con R Team.
Io ho esperienza con le auto da rally, ma assolutamente partivo da zero con questo tipo di auto, per cui siamo stati in Oman per fare un po’ di test e poi abbiamo partecipato al Rally in Turchia, sempre con lo scopo di fare chilometri con la macchina.
Come ti sei trovato con la Mitsubishi? Hai trovato grosse differenze di guida rispetto alle auto da rally?
È stata durissima, la guida è totalmente diversa! Recentemente ho corso in Croazia al rally Santa Domenica con una Fabia R5, una macchina leggera, reattiva, che ti senti in mano, mentre la Pajero è un’altra cosa, più pesante molto meno reattiva, proprio un comportamento diverso che richiede una guida diversa. Per fare un paragone, è come presentarsi a fare una gara del mondiale di sci, senza aver mai messo gli sci una volta in vita tua. Pensa che la prima volta, alla prima duna, mi sono insabbiato 5 volte! Poi ovviamente uno inizia ad imparare come affrontare le varie situazioni, ma in sostanza è uno sport completamente a sé.
Non solo, le prove sono anche molto molto più lunghe rispetto ad un rally, quindi immagino che avrai anche fatto una preparazione atletica particolare.
Si sono d’accordo: si tratta di una prova di resistenza prima di tutto! Ma dal punto di vista fisico sono già a posto, in fondo gioco abitualmente a tennis e a calcio. Poi chiaramente faccio palestra e cerco di stare il più possibile sulla macchina perché quello è veramente importante.
E il tuo obiettivo per la tua prima partecipazione? Cosa ti aspetti da questa gara in generale?
Sicuramente è quello di vedere il traguardo. Sarebbe davvero un grande risultato riuscire a finire alla prima partecipazione. Poi dal punto di vista della prestazione pura, è vero che corriamo in classe T1, ma la nostra auto è in realtà molto meno elaborata e il motore è pur sempre un 3 litri diesel quasi di serie per cui paghiamo molto rispetto ai primi. Sono poi molto curioso di entrare in questo ambiente e vedere come sono le persone: già nella fase dell’avvicinamento ho trovato gente molto diversa dal mondo dei rally o della pista, molto più disponibile e vogliosa di aiutare.
Grazie allora anche a Marco Carrara per il tempo che ci ha dedicato e speriamo di risentire lui e Andrea direttamente dai bivacchi a fine prova a gennaio prossimo.
A proposito della gara, continuate a seguirci perché abbiamo in serbo molte altre sorprese ed esclusive nella nostra rotta di avvicinamento alla Dakar 2020 per arrivare al 5 gennaio carichi come non mai!