Se il finale del CIR poteva non esservi piaciuto, il dopo sta diventando anche peggio
Sta diventando la gara a chi abbaia più forte ma di morsi se ne vedono pochi
Guardiamo il lato positivo: il campionato rally è finito da un po’ di tempo e, almeno per questa volta, non siamo qui a parlare se l’anno prossimo al Ciocco basterà soltanto una mano per contare tutti gli equipaggi iscritti. Restiamo saldi alla stagione 2019 e poco ci interessa di chi cambierà sedile, navigatore o campionato e del 2020 ci siamo fatti dire a malapena il calendario, senza starne a disquisire più di tanto. Non è meraviglioso?
Naturalmente sono ironico ma, di questi tempi, meglio che lo chiarisca subito.
Il rischio è poter incappare anche io in qualche post tra il minatorio e il denigratorio dove mi assicurano che ci siano prove schiaccianti contro di me anche se non si vedono, in qualche meme che mi punta il dito contro facendo finta di far ridere qualcuno oppure in qualche comunicato che parla di me senza che di me si parli ma che, comunque, mi faccia capire che è bene che io la smetta di scherzare, che proprio non è aria. Molti degli altri mi ignoreranno e faranno spallucce, consapevoli che la mia voglia di scherzare passerà anche questa volta e poi tornerò serio a raccontare le gare come se niente fosse successo. E poi ci sarà chi ci è passato prima che sarà sicuramente pronto a cospargere di verità tutta la discussione, perché chi viene da quel passato glorioso figuriamoci se può sbagliarsi o dire qualche cazzata.
Quindi sì, sono ironico perché non trovo altro modo per riassumere quanto sta passando sotto gli occhi degli appassionati di rally italiani in questi giorni. Sia chiaro, potrei anche trovarlo ma, non sarebbero parole dolci e comunque dettate dall’amarezza di chi osserva la strada intrapresa da tutta “la baracca”, questa volta senza nessun tipo di entusiasmo.
L’aspetto sportivo è ormai un lontano miraggio e l’interesse per quello che la Federazione deciderà perde di importanza ogni minuto che passa, schiacciato da azioni e reazioni che sottolineano (senza che ce ne fosse grandissimo bisogno) quanto “casereccio” possa diventare l’ambiente dei rally nostrano. E si badi bene: per casereccio non intendo un luogo piacevole, dove tutto profuma di buono e saporito. Uso quel termine per indicare qualcosa che ha molto a che fare con l’improvvisazione del momento, la cosa più lontana possibile dal professionismo in particolar modo nell’ambito comunicativo.
Già, la comunicazione. Quello strumento che siamo sempre abituati a vedere come un accessorio di questo sport, qualcosa che “bisognerà farla che oggi i giovani sono sui social e gli sponsor ci guardano a queste cose”. Mica perché la parte del racconto è importante almeno quanto la storia che si vuol raccontare. Mica perché quando nasce una criticità di questo tipo, una buona comunicazione può permettere di “uscirne” nei limiti della decenza senza creare delle crepe enormi in quei due pilastri chiamati credibilità e prospettiva. Mica perché quel che succede oggi serve per creare le basi di quel domani che rappresenta il futuro di una disciplina che sopravvive ormai da tempo con tantissima fatica e con investimenti sempre più ridotti e contenuti.
Ampliare il bacino degli utenti interessati ai rally è quello che ci raccontiamo da un bel po’ ma, oggi come oggi, cosa gli andiamo a raccontare di questo sport a chi non lo conosce? Dei chiodi? Dei sospetti? Degli abbai sui social? Come se la nomea dei rally non fosse già abbastanza cupa. La fortuna (se di fortuna si può parlare) è che l’interesse per il nostro campionato ha smesso di intravedere le frontiere nazionali ormai da diverso tempo e quindi non corriamo grande pericolo che qualcuno dai paesi in cui il rally conta ancora davvero possa accorgersi di tanta bassezza. D’altronde per la sopravvivenza globale dei rally fanno senza di noi e ci è stato riservato un piccolo ruolino, una paio di settimane l’anno.
Un tempo sufficientemente breve per riuscire a mettere in mostra quel tanto che di bello che abbiamo, lasciando che la polvere nasconda tutto il resto.
1 Commento
Ivo
Alla fine la differenza tra questo articolo e un abbaio sui social é che quest’ultimo ha un limite di parole.
O con una laurea vi si può ricavare un messaggio sinora inedito?
La Federazione chiede dei soldi ad una testata come la vostra per dare informazioni sull’inchiesta, per esempio quanto le persone serie dovranno aspettare per degli sviluppi?