Intervista esclusiva a Mauro Sipsz: “Fiat ci poteva credere di più, correre negli storici è fantastico!”
Abbiamo ascoltato un personaggio che ha fatto la storia da team manager, pilota ed organizzatore dislocato tra rally e circuiti automobilistici
Mauro Sipsz, pilota, team manager e imprenditore di successo in vari ambiti, ha passato decenni in macchina e fuori (a dirigere N. Tecnology, branchia ufficiale Fiat ed Alfa Romeo nelle corse automobilistiche), con una Lancia Rally 037 che ancora oggi non lo abbandona, anzi, lo accompagna in nuove avventure “sterrate”, e non solo.
Debutta nel lontano 1979, correndo fino al 1990 in oltre 125 rally di tutto il mondo, tra i quali ricordiamo varie apparizioni mondiali a Montecarlo e Sanremo, la vittoria di due Coppe Italia a bordo di una Opel Manta GTE ed il successo nel Campionato Italiano Rally Terra 1990 a bordo di una Lancia Delta Integrale GR.N, ma anche numerose altre gare a bordo di Lancia 037 GR.B, Lancia Delta 16V GR.A, Alfa Romeo 33 4X4…
Poi le avventure da team manager, in pista, con Alfa Romeo nell’Europeo e Mondiale Turismo prima (vincendo 25 titoli tra Europeo e campionati nazionali arrivando anche quattro volte in seconda posizione mondiale), con Fiat nei rally poi, vincendo otto titoli italiani (tra Punto Kit, S1600 ed S2000), l’IRC 2006 con Giandomenico Basso (Fiat Punto S2000) e numerosi European Rally Championship, con “Giando” Basso e Luca Rossetti.
Tutto ciò con la “sua” N. Tecnology (ed il Team Nordauto), vicina anche alla F1 nel 2010, che per anni ha gestito, creato e sviluppato i mostri da competizione italiani che hanno scritto la storia degli anni ’90 e 2000, salvo poi chiudere i battenti nel 2011.
E da lì ha continuato con la sua carriera imprenditoriale al di fuori delle corse, ma i rally in fondo sono sempre stati parte di lui e nel 2018 ha deciso di tornare in “casco e tuta” e, navigato dalla moglie Monica Bregoli (ma anche da Alessandro Alunni Bravi e dalla grande Fabrizia Pons al Liburna 2019), corre a bordo della sua Lancia 037 GR.B gestita da Key Sport Engineering nelle più belle gare sterrate italiane, trovandosi al momento in testa al Campionato Italiano Rally Storici Terra 2019 dopo una vittoria assoluta e due secondi posti.
Ma andiamo ora a vedere cosa ci ha raccontato Mauro:
Chi è Mauro Sipsz?
Mauro Sipsz è un grande appassionato di automobili con un passato in molti ruoli dell’automobilismo sportivo, come pilota o team manager.
Com è nata la tua passione per i rally?
Diciamo che è nata per caso, ero ragazzino e nella mia città quando c’era la possibilità andavo a vedere cambiare le ruote, fare benzina e quando ho potuto correre in macchina ho incominciato coi rally. Mio cognato correva in pista, ma non mi emozionava più di tanto ed il mio passato da terraiolo ma con le moto da ragazzino (motocross) mi ha fatto propendere per la disciplina su “strada”, tanto che la mia prima gara è stata proprio su sterrato.
Non amo guidare pulito, mi piace guidare di traverso ed ho probabilmente una guida più redditizia sulla terra.
Pilota, team manager, nuovamente pilota: Quale ruolo ti ha segnato di più e senti più “tuo”?
Adesso diciamo che è un “hobby”, però negli anni ho avuto la fortuna di gestire una importante attività di team manager, poi chiusa con la crisi finanziaria, ma adesso che son “vecchio” ho deciso di tornare al volante, solo per divertimento però.
Diciamo che da pilota me la sono cavata, da team manager idem ma adesso me la “cavicchio”, con gli automatismi che dopo 30 anni non sono facili da ritrovare.
Corro con una vettura che mi piace davvero tanto, con la quale da ragazzino avevo vinto due gare ma senza mezzi finanziari per potermela permettere, ora me la sono comprata e passo dei fantastici weekend di gara-vacanza grazie anche alla Key Sport Engineering, team davvero all’altezza visto che fan tutto loro…
Con Fiat e N. Tecnology innumerevoli successi rallystici tra Punto Kit, S1600 ed S2000, in Italia ed Europa: Cosa ti rimane di quel periodo?
Diciamo che mi è dispiaciuto il fatto che non abbiano continuato con la vettura che avevamo fatto, la Punto S2000, in quanto la ritengo come una figlia essendomi battuto per farla io, e creata io insieme al regolamento con anche il fantastico team che eravamo, auto realizzata in primis dall’ing. Andrea Adamo.
Le prospettive future c’erano, e si poteva arrivare anche fino ai giorni nostri con una R5 competitiva.
Periodo comunque che mi ha regalato grandi soddisfazioni, è stata dura dover fare la macchina quasi di nascosto, visto che il gruppo non era proprio favorevole ai rally, mentre per quanto riguarda la S1600 non siamo potuti partire dal foglio bianco, dovendo adattare la Kit al regolamento vigente, lasciando ancora inesplorato un buon margine anche in termini di competitività.
Con la S2000 invece siamo partiti da zero e la vettura è stata vincente dall’inizio, anch’essa davvero poco evoluta rispetto a dove sarebbe potuta arrivare se supportata in futuro.
Secondo te si sente la mancanza di un team italiano ufficiale all’interno del rallysmo internazionale?
Se parliamo di case direi che non può aiutare questa situazione a livello di giovani piloti, ma queste sono scelte e c’è da prenderne atto.
Non possiamo di certo imputare come spesso si sente tutte le colpe alla mancanza di un team ufficiale, in più non vedo neppure con quale auto potrebbe entrare in qualche categoria.
Per esempio in Finlandia, Belgio od Estonia non hanno una casa nel mondiale, e ciò significa che c’è qualcosa d’altro…
Senti ancora del rammarico per la chiusura dei rubinetti da parte di Fiat visti gli orizzonti ancora da esplorare che rimanevano?
Con Fiat il rammarico è stato quello che dopo che c’è stato il passaggio di consegne da noi alla casa ufficiale sono stati molto competitivi con il prodotto che avevamo fatto ma poi altrettanto incapaci di svilupparlo davvero e portarlo in alto per molte più stagioni.
Come sono cambiati i rally dagli anni ’80 ad oggi?
Da persona anziana che ha vissuto l’epoca dei rally veri, con i rally lunghi, le tappe lunghe, la notte sono cambiati molto, e quando sono tornato nei rally come Team Manager è stato un shock non poter seguire le vetture nelle prove, non avere l’assistenza volante, rimanere chiuso al “parco”, un cambiamento davvero enorme, forse troppo.
Mi piacciono gli storici infatti anche perché si corre come correvamo una volta, e se hai a che fare con della gente che ha partecipato ai rally degli anni 60-70-80-90 rimpiangono un sacco le gare di ora mentre se parli con i giovani che il passato non l’hanno vissuto ti parleranno benissimo di questi rally qui.
Il mondo cambia, il mondo va avanti, non c’è un meglio prima o meglio oggi, ma posso solo dire che da amarcord mi divertivo di più una volta, laddove c’era anche un ambiente ed un rapporto con i meccanici e chi faceva assistenza davvero molto diverso, ora più freddo e distaccato, più dettato dal lavoro che dalla passione pura.
Che futuro vedi per i rally ed il motorsport in generale?
Per il Motorsport avendo visto la crisi del 2008-2009-2010 mi sembra sia un periodo decisamente migliore, non dico che siamo tornati al 2005-2006 ma comunque la situazione la vedo positiva.
Il futuro è dettato ormai dalle tecnologie elettrificate con elettrico ed ibrido, vista l’immagine che esse portano (e puliscono la faccia dal “diselgate”) ed in più sono cambiate anche le automobili stradali, sempre più SUV comode che vetture ad indole sportiva.
Saranno però tutti obbligati a spingere per l’elettricità e comunicare che sono “verdi”, a livello d’immagine molto più che a livello pratico, e credo che nel mondiale rally al momento ci vorrebbe anche qualche costruttore in più dei 3+1 attuali.
Una frontiera molto importante ora è quello del “customer racing”, le vetture fatte anche e soprattutto per i clienti.
Un maestro di questa visione è sicuramente Malcom Wilson, che non solo tiene in piedi un colosso come M-Sport ma riesce a generare importanti utili sfruttando le vendite, cosa che a Torino purtroppo non hanno capito granchè.Se per una casa automobilistica la divisione Motorsport genera utili diventa molto più interessante, cosa contraria se risulta un centro di costo.
In ciò basta vedere anche Porsche Motorsport, che genera utili a tutto spiano, per quanto riguarda invece i rally basta vedere Skoda Motorsport che vende moltissime auto e ciò si tramuta in guadagno ed in un centro di profitto, non andando ad attingere sul brand ed allo stesso tempo aiutando team e piloti.
Pensi che la terra debba essere valutata maggiormente in Italia?
Quest’anno direi che il CIRT è tornato ad una discreta salute, e se si vogliono formare dei piloti bisogna fare anche le gare sulla terra.
Poi sappiamo tutti che costa di più organizzare una gara sulla terra, che ci sono più problemi logistici e politici etc., ma allo stesso tempo credo che nelle zone dove c’è ancora la terra va sfruttata, inoltre un pilota che va sulla terra non può poi andare piano sull’asfalto, mentre al contrario non è proprio così.
C’è uno squilibrio anche nei campionati, come nel Campionato Italiano Rally, laddove dovrebbero esserci quattro gare su asfalto e quattro sulla terra, con rapporto omogeneo (50% come minimo deve essere sulla terra).
Un problema in più è quello delle prove speciali, che sia sulla terra che su asfalto sono sempre uguali di anno in anno, andando ad agevolare gli “abusivi” e coloro che percorrono quelle speciali da svariati anni.
Terra o asfalto?
Senza ombra di dubbio terra, non perché non mi piaccia l’asfalto, ma la magia del traverso, della guida sporca che dà la terra è impareggiabile.
Sei in testa al Campionato Italiano Rally Storici Terra, cercherai di mantenere la leadership nelle prossime gare? Cosa ne pensi di questa fantastica iniziativa?
Direi che è quella che quest’anno mi ha fatto venire la voglia di correre tutta la stagione, sperando nelle prossime gare di non fare errori, diciamo che ormai lo posso solo perdere…
Le prossime gare dell’Italiano Terra Storico sono a Novembre, e noi nel frattempo ci terremo in allenamento in Francia, dove faremo il remake del Rallye des 1000 Pistes e forse qualche altra apparizione questa estate.
L’iniziativa di ACI è davvero ottima, mi dispiace solo che alla prima gara fossimo una 30ina, la seconda una 20ina e la terza una decina, sempre in calando purtroppo, nella speranza che ci siano sempre più iscritti.
Che consigli daresti ad un giovane che si approccia a questa disciplina?
Bella domanda, innanzitutto bisogna fare una distinzione, se ha i mezzi finanziari o meno.
Se c’è qualcuno che lo aiuta ci possono essere delle prospettive, altrimenti è davvero una “mission impossible”, cosa che l’Italia in ciò non aiuta, rendendo molto difficile sfondare…
Un consiglio che mi sento di dare è quello di fare un anno qui per capire come funziona facendo un po’ di “gavetta”, buttandosi poi subito dopo all’estero, anche con una vettura piccola.
Grazie mille per la disponibilità ed un saluto da tutta la redazione di Rallyssimo!
Grazie a voi di avermi contattato, è stato un piacere!