Scandola-Fossà, la loro Dakar al giro di boa.
Non solo Peugeot e Mini e Toyota. Non solo Loeb, Peterhansel e Hirvonen, ma la splendida Dakar è anche ricca di nostri equipaggi dello stivale che stanno affrontando con tanta forza e determinazione questa massacrante sfida. Uno degli equipaggi italiani in vista è quello composto da Graziano Scandola e Giammarco Fossà. Il duo veneto ha sin qui corso con il loro Ford Raptor e hanno sviluppato una sorta di diario. A seguire le loro parole e impressioni raccolte fino al giro di boa della manifestazione sudamericana.
Ringraziando l’ Ufficio stampa Daytona Race e Car Racing come fonte, pubblichiamo le loro impressioni quando siamo a metà competizione.
[the_ad id=”8964″]
A questo proposito, a poche ore dall’imbarco abbiamo chiesto a Graziano Scandola e Giammarco Fossà come si sono preparati sotto l’aspetto atletico a questa esperienza:
“La mia è stata una preparazione che ha riguardato sia l’aspetto atletico che quello alimentare – inizia a spiegare Scandola – oltre ad aver cambiato completamente la mia alimentazione, nell’ultimo periodo mi sono sottoposto a cinque allenamenti alla settimana, due dedicati ad attività aerobiche come nuoto e spinning e tre dedicate ai pesi per rinforzare la massa muscolare. Viste le numerose tappe che faremo in altitudine, ho effettuato tutta una serie di test sotto sforzo polmonare che simulavano queste situazioni, oltre ad un’uscita sul Monte Bianco per rendermi conto di com’è effettivamente fare sforzo fisico in altitudine. Questo perché quest’anno per ben cinque giorni si correrà ad un’altitudine superiore ai 3000 metri con punte che arrivano a 5000 metri di quota, con temperature che andranno da sottozero a quaranta gradi nell’arco dell’intera gara.”
Non da meno naturalmente è stata la preparazione di chi dovrà indicare la strada a Scandola, in un ruolo, quello del navigatore che mai come quest’anno sarà fondamentale alla Dakar:
“Naturalmente anch’io ho lavorato molto in palestra – inizia a spiegare Giammarco Fossà – e sull’alimentazione, poi ho effettuato tutta una serie di sedute specifiche con il mio fisioterapista lavorando soprattutto sulle articolazioni.”
Chiaramente la curiosità nell’affrontare questa nuova avventura è alta per entrambi, ecco cosa più li incuriosisce e li porta oramai a contare le ore prima del via:
“Non vedo l’ora di fare una prova da 900 chilometri! – esordisce Scandola – aspetto il momento che Giammarco mi dirà: ok parti e davanti a noi abbiamo centinaia di chilometri di prova speciale, una cosa che puoi provare solo alla Dakar. Poi naturalmente un altro aspetto che mi affascina moltissimo è il passare attraverso una natura incontaminata, direi selvaggia, penso che sarà un’emozione indimenticabile”.
Sulla stessa lunghezza d’onda è anche Fossà:
“Non vedo l’ora materialmente di partire, di trovarci io e Graziano al momento dello start e dire ok, si va! Poi naturalmente si vivrà giorno per giorno, aspettando quello che avrà da offrirci la Dakar. Sotto l’aspetto naturalistico mi piacerebbe arrivare a vedere il Salar de Uyuni in Bolivia, la più grande distesa di sale del mondo, dev’essere uno spettacolo che toglie il fiato.”
Parlato di cose belle, naturalmente vista la tipologia di gara/avventura è d’obbligo parlare anche quello che preoccupa il nostro equipaggio:
“Sicuramente la mia preoccupazione sono le giornate che trascorreremo in altitudine, un incognita che avremo tutti, ma penso che sotto l’aspetto fisico sarà decisamente dura.
Poi sicuramente dovremo fare molta attenzione alla guida sulle dune – prosegue il pilota veronese – come ho avuto modo di vedere durante i nostri test in Marocco, basta sbagliare l’approccio e rischi subito l’insabbiamento, iniziando uno spreco enorme di energia e di tempo, questo può portarci a chiudere la prova in notturna, e fare il deserto con il buio non sai proprio materialmente dove andare con la vettura.”
“Più che preoccupazione siamo coscienti che dovremo porre la giusta attenzione a molte cose – prosegue il navigatore vicentino – sicuramente la parte fisica, l’adattarsi alle varie condizioni che ci ritroveremo ad affrontare sarà un fattore determinante in questa gara.
Chiaramente poi la navigazione sarà un aspetto importante, soprattutto in questa edizione. Per quanto riguarda la vettura non abbiamo ancora avuto modo di verificare il comportamento dei pneumatici nelle varie condizioni di pressione di utilizzo, e questo potrebbe portarci via del tempo durante l’avvio di gara.”
Le considerazioni ed i pensieri finali prima dell’imbarco sono rivolti ai punti di forza sui quali l’equipaggio può contare e dove invece dovrà prestare maggiore attenzione:
“Sicuramente mi sento tranquillo sull’organizzazione che abbiamo alle spalle e che ci seguirà durante la gara – chiude Scandola – l’RTeam è una compagine che può vantare una ventennale esperienza nei rally raid, compresa la Dakar. Il Ford Raptor SVT T2 che utilizzeremo non lo conosco ancora bene, ma so che è un mezzo molto stabile e sicuro sul veloce, mentre nel misto visto il peso dovremo fare più attenzione. Per quanto riguarda la corsa in generale, sicuramente da non sottovalutare sarà il fattore psicologico, quando ci ritroveremo a fare 18 ore di fila in macchina, bisognerà essere molto lucidi e poter contare su una buona solidità mentale per poter avere le motivazioni per risalire in auto il giorno successivo.”
Fossà replica così:
“Il nostro punto di forza sarà l’amicizia ci lega! Sappiamo che la gara è un’incognita ma noi siamo in equipaggio con la testa sulle spalle e posso dire che sotto l’aspetto psicologico sono tranquillo. Sicuramente invece la parte che più ci impegnerà sarà la navigazione – prosegue – con il gps unico e le sue limitazioni bisognerà sempre interpretare il percorso che l’organizzazione ha preparato. La morfologia dei territori che andremo ad incontrare sarà molto varia e spesso ci ritroveremo in spazi molto estesi, partendo però indietro rispetto ai primi spero anche di poter contare sulle tracce lasciate da chi ci ha preceduto. Per quanto riguarda la sicurezza mi sento invece tranquillo anche perché la direzione gara ha i mezzi per monitorarci in tempo reale.”
Passiamo alle dichiarazioni al momento dell’arrivo a La Paz, ovvero metà sfida:
“Finalmente arrivati a La Paz! E’ stata dura! – esordisce Scandola – ce l’aspettavamo difficile, ma non così faticosa, molto più di quello che potevamo pensare. Ma comunque ora siamo qua, siamo arrivati a metà gara nonostante ci sia capitato di tutto: il secondo giorno ci si è rotta la batteria, che è una cosa quasi impossibile da rompere, mentre il giorno successivo abbiamo rotto lo stelo di un ammortizzatore, il giorno dopo ancora ci si è bruciata, per fortuna non del tutto, la guarnizione della testa e per fortuna con un ripara falle siamo riusciti a tamponare il danno.”
Tutti questi imprevisti hanno costretto l’equipaggio ad un tour de force ancor più massacrante:
“Una tappa l’abbiamo conclusa alle sei della mattina del giorno successivo a quando eravamo partiti, abbiamo riposato un’ora e poi siamo subito ripartiti per quella successiva.
In un altra prova – prosegue il pilota scaligero – per fare 230 chilometri di speciale siamo partiti alle dieci di mattina e siamo arrivati alle tre di notte, per poi ripartire alle 8.00.”
La domanda d’obbligo, dopo questo resoconto è se pensavate di arrivare a La Paz?
“L’abbiamo pensato – esordisce Fossà – ma non ce lo siamo mai detto per scaramanzia”.
Scandola prosegue così:
“E’ vero, ci speravamo tanto. Nell’essere arrivati fin qua ci ha aiutato molto anche l’assistenza del team ed i ragazzi in gara con il camion della squadra, ci hanno dato sempre una mano. E non dimentichiamo poi il pubblico, spesso quando ci siamo insabbiati se c’era qualcuno nelle vicinanze veniva sempre ad aiutarci, anche dieci persone a fare il tiro alla fune per tirarci fuori, un qualcosa di emozionante, soprattutto qui in Bolivia. L’accoglienza mentre ci avvicinavamo a La Paz è stata incredibile – spiegano – hanno calcolato che c’erano sulle strade un milione mezzo di persone, ad attenderci c’era il Presidente della Bolivia Evo Morales, le persone erano calorosissime, ci volevano stringere la mano, volevano una foto anche con noi, non solo con i big, ci hanno addirittura messo i bambini in braccio, un momento che non dimenticheremo mai.”
Momenti indimenticabili, che ripagano anche di uno sforzo fisico che ha portato l’equipaggio a situazioni al limite, passando nel giro di pochissimo tempo dai 45 gradi ai dieci sottozero, ad altitudini anche sopra i quattromila metri:
“E’ vero, lo sforzo fisico è assoluto e chi ne ha sofferto di più sono stato io – spiega il navigatore Giammarco Fossà – sono arrivato al via con un pò di febbre, poi ho iniziato subito a soffrire il mal d’altitudine, mi hanno anche fatto tre sessioni di ossigeno, in questo devo ringraziare Graziano che mi ha sempre aiutato e supportato quando non stavo bene, adesso abbiamo ancora qualche giorno sopra i quattromila metri, però teniamo duro!”
Al momento di scrivere queste righe l’equipaggio veneto sta ripartendo per la prima parte della tappa Marathon, dove al termine della giornata per ogni necessità dovranno contare solo sulle proprie forze, in quanto non ci sarà il parco assistenza ma solo un parco lavoro dove solo i piloti avranno accesso.
“Saranno due giorni molto interessanti – spiegano i nostri – l’unico aiuto che potremmo avere sarà dal nostro camion assistenza in gara e non dai meccanici che ci seguono, la notte dormiremo in tenda al fianco della vettura, diciamo che ripartiamo bene.”